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Piemonte/Bankitalia: la disoccupazione giovanile allunga il passo (-1 punto dalla Media Nazionale)

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Fonte (ASCA) – Torino, 11 nov attualità
L’indagine congiunturale di Bankitalia, relativa al primo semestre 2013 del Piemonte
secondo cui il fenomeno della disoccupazione giovanile ha toccato nel primo semestre di quest’anno il 39%, avvicinandosi a un solo punto dalla media del Paese (certamente per una Regione del nord d’Italia mi pare un dato pesantissimo).
Rispetto al 2012 dove il distacco , il distacco era piu’ consistente: i giovani senza lavoro in Piemonte erano il 31,9%, sette punti in meno, mentre in Italia erano il 35,3%.
L’analisi del direttore della sede di Torino della Banca d’Italia Luigi Capra ,’parla ‘ segnali di ripresa deboli e variegati –
poi commenta Capra-: qualcosa si sta muovendo, potrebbe esserci una ripresa in atto, ma non siamo in grado di definirne entita’ e portata (su questo metto una nota personale , l’impressione che si ha attualmente e anche da quello che si può ricavare parlando con gente lavora nel ramo del commercio in Piemonte, è che alcuni tra gli imprenditori o gruppi imprenditoriali rimasti in questa Regione Italiani o stranieri, avevano e hanno tutt’ora la possibiltà economica di fare ulteriori investimenti in tecnologie sia di rafforzamentio sia di adeguamento rispetto ai concorrenti mondiali , e oltre a questo sembra abbiano rafforzato i rapporti già molto consolidati con l’estero per poter resistere e competere con il mondo, la conseguenza siano stati costretti ad enorme o sforzo di riorganizzazione ,invece per le pmi sotto i 50 dipendenti come conferma il rapporto che gli investimenti e le produzioni appaiono in ulteriore calo )
Dai dati rilasciati da Bankitalia dal punto di vista dimensionale se le Pmi non prevedono una ripresa degli investimenti, quelle piu’ grandi, oltre i 50 dipendenti, indicano invece un aumento nel 2014. In crisi piu’ profonda il settore delle costruzioni, -9,7% le compravendite, -3,4% i prezzi, mentre il commercio sconta ancora la debolezza dei consumi.
Oltre a questo BankItalia precisa che non e’ una previsione omogenea e soprattutto e’ in diretta corrispondenza con il grado di internazionalizzazione delle imprese.
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– La disoccupazione giovanile e’ cresciuta in Piemonte piu’ della media nazionale. E’ quanto si rileva dall’indagine congiunturale di Bankitalia, relativa al primo semestre 2013 del Piemonte, secondo cui il fenomeno ha toccato nella regione il 39%, avvicinandosi a un solo punto dalla media del Paese.
. L’analisi della Banca d’Italia illustrata oggi dal direttore della sede di Torino, Luigi Capra, e dal team dell’ufficio studi Roberto Cullino, Luciana Aimone Gigio e Cristina Fabrizi, conferma pero’ un graduale miglioramento, pur in presenza di un’incertezza molto elevata. ”Ci sono segnali deboli e variegati – commenta Capra – ma qualcosa si sta muovendo, potrebbe esserci una ripresa in atto, ma non siamo in grado di definirne entita’ e portata”. Per la prima volta dopo diverso tempo c’e’ un ottimsmo prevalente per quanto riguarda gli ordini e ancora piu’ marcato per gli ordini esteri, e una aspettativa di crescita della produzione. Non e’ una previsione omogenea, avverte Bankitalia, e soprattutto e’ in diretta corrispondenza con il grado di internazionalizzazione delle imprese. Del resto anche se la produzione e’ ulteriormente calata, l’export nel semestre e’ cresciuto del 2,1% piu’ che nella media del Nord ovest e dell’Italia, e’ piu’ marcatamente nei paesi Extra Ue, circa il 10%, ma nel secondo trimestre rialzano la testa anche le vendite in Europa. Per la prima volta entra nell’analisi dei dati, e in modo sensibile, l’apporto dello stabilimento Maserati di Grugliasco, che, conquistando in particolare il favore dei mercati cinese, giapponese e statunitense, contribuisce a un aumento dell’export di autoveicoli di quasi il 30%. E dal punto di vista dimensionale se le Pmi non prevedono una ripresa degli investimenti, quelle piu’ grandi, oltre i 50 dipendenti, indicano invece un aumento nel 2014. In crisi piu’ profonda il settore delle costruzioni, -9,7% le compravendite, -3,4% i prezzi, mentre il commercio sconta ancora la debolezza dei consumi. Tornando all’occupazione, nel complesso e’ calata del 3,2%, anche in questo caso come per la fascia giovanile, con una performance peggiore della media, italiana (-2,2%) e del Nord Ovest (-0,8%). Il tasso di disoccupazione e’ salito al 10,9%. Tra i dati meno negativi, una diminuzione della cig, e una ripresa, molto limitata, pari a circa il 2%, delle assunzioni nell’industria, in gran parte con contratti temporanei, e a volte di pochi giorni, a dimostrazione di segnali di recupero ancora molto timidi. Dal punto di vista del credito infine, aumenta la raccolta dalle famiglie (+2,7%) e i tassi sono lievemente scesi – al 4% sul medio lungo termine e al 6,1% sul breve- ma l’offerta resta rigida, in relazione all’aumento della rischiosita’ dei crediti, le cui sofferenze sono cresciute del 4% (quattro volte il livello del 2007) con punte del doppio nelle costruzioni. Cala comunque la quota delle imprese che denunciano un peggioramento nelle loro condizioni di indebitamento (costi accessori e tassi di interesse): dopo un 27% registrato a fine 2012, nel primo semestre 2013 l’inasprimento ha riguardato il 25% delle imprese e a fine anno dovrebbe scendere ulteriormente al 22%.

Crisi: Uiltec Piemonte, nel biellese cala export e cresce richiesta cigs ( aumento del 29,4% delle ore autorizzate di cassa integrazione straordinaria )

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redazione
Dopo la fiducia al governo Letta (BildeMerkel) e il conseguente ‘aumento dell’Iva e il ripristino dell’Imu sulla prima casa la pressione fiscale sulle PMI rasenta ormai il 75% dell’utile d’impresa praticamente Insostenibile per per quasi tutte Italiane .
Le assunzioni legate alle PMI rappresentano il 58% dei movimenti lavorativi per la maggior elasticità del loro tessuto.

Fonte Androkos Torino, 30 set. attualità
Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale della Uiltec- l’ Export è in calo in in Piemonte, in un anno, del 7,4% in nel settore occhialeria e aumento del 29,4% delle ore autorizzate di cassa integrazione straordinaria nel settore del tessile, dell’abbigliamento e della concia. Sono alcuni dei dati sulle politiche industriali, del lavoro e della contrattazione nei settori del made in Itali,chimica ed energia presentati oggi a Biella nel corso di un convegno promosso dal sindacato.

”la crisi profondissima che stiamo vivendo – ha sottolineato il segretario generale Paolo Pirani – obbliga a riflettere sulla politica industriale italiana, e’ necessario adottare misure, anche molto forti, al fine di tornare a produrre ricchezza. Questo significa intervenire anche con una riduzione delle tasse sul lavoro, che restano le piu’ alte in Italia, mentre i salari sono i piu’ bassi”.

L’inziativa di Biella conclude il ‘tour’ del sindacato di categoria che nei giorni scorsi ha fatto tappa a Valdagno, Sannazzaro, Porto Torres, Gela, L’Aquila

Torna l’allarme a Saluggia: anche il Plutonio nella vasca di stoccaggio danneggiata

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Tracce di plutonio sono state rinvenute all’interno della vasca di stoccaggio dell’impianto nucleare di Saluggia, nel vercellese.

articoltre Redazione– -1 agosto 2013- Qualche mese fa era stato lanciato l’allarme, l’ennesimo, aventi come oggetto l’ex centrale nucleare di Eurex di Saluggia, in provincia di Vercelli. Qui, una vasca di stoccaggio presenta infatti due fessure dalle quali fuoriesce liquido radioattivo. Ebbene: oltre allo stronzio e all’emericio, in esso vi sarebbero anche tracce di plutonio.

La rivelazione arriva a seguito delle ultime analisi effettuate dall’Arpa del Piemonte, assieme la Sogin, ossia la società di Stato che era stata incaricata di effettuare la bonifica ambientale del sito e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.

Sono ormai trascorsi due anni da quando la ditta entrò nell’occhio del ciclone: quando, nello specifico, si scoprì come i liquidi contenuti nella vasca WP719, non potevano essere scaricati nella Dora Baltea, il fiume che scorre lì accanto, poichè i livelli di radioattività superavano i limiti consentiti dall’Ispra. E a darne ulteriore conferma l’Arpa, che nel proprio rapporto scrive come i sedimenti presenti nella vasca, “per la loro composizione e le concentrazioni riscontrate dovranno essere gestiti come rifiuti radioattivi”. Considerazioni che preoccupano molto i residenti della zona. “

Ciò che inquieta maggiormente gli abitanti, inoltre, è la posizione della vasca di stoccaggio, utilizzata in tutto e per tutto come un deposito a cielo aperto. La WP719, infatti, si trova nei pressi sia del corso fluviale, a poca distanza dai pozzi dell’acquedotto del Monferrato, sia di un cantiere, che espone pertanto la vasca stessa a continuo rischio per via dei mezzi che le transitano a fianco.

Derivati tossici. la Regione Piemonte ha firmato i contratti ma “Non sapeva bene l’inglese”

corelarticoltre –Redazione– 6 luglio 2013- Il capo della finanza della Giunta Bresso “Non conosceva a sufficienza l’inglese” per capire quali contratti stesse sottoscrivendo con le banche e che lo impegnavano a complicate e pericolose operazioni finanziarie, cifre enormi e lui, i rappresentanza della Regione Piemonte, quei contratti li firmava lo stesso anche se non li capiva.

Un bond da 1,85 miliardi di euro sottoscritto con Dexia, Crediop e Intesa Sanpaolo che adesso reclamano le somme che ritengono loro dovute mentre Cota sostiene che la Regione è stata raggirata e sono partite le carte bollate.

Ed è stata resa nota al linea difensiva della regione che, incredibile, sottolinea che il capo della finanza della giunta Bresso “Parlasse un inglese limitato per cui non ci si poteva attendere che leggesse e capisse i complessi accordi che stava firmando”.

Sanità in Piemonte: bene comune e interesse privato il tentativo di privatizzazione

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Fonte articolotre Vito D’Ambrosio- 13 maggio 2013-
Dopo le dismissioni prima dell’Assessore alla Sanità della Regione Piemonte Ferrero che è sotto processo per collusioni con l’andrangheta. poi finito il mandato dell Assessore Monferrino ex dirigente Fiat che molti si son chiesti cosa c’entrasse con la sanità, adesso l’incarico è passato a Cavallera.

C’è da sottolineare un altra frottola che ci han sempre raccontato cioè che la Sanità Italiana avesse dei costi insostenibili in realtà costa di meno rispetto alla media europea”. Ed è un sentire comune che alcuni economisti anche d’oltre oceano stanno radicalmente denunciando come non veritiero. Restando in Italia,secondo uno studio del CEIS (Centre for Economic and International Studies) dell’Università di Tor Vergata a Roma, raccontato dal sito http://www.quotidianosanita.it,link file:///C:/Users/Administrator/Downloads/www.quotidianosanita.it apprendiamo che “A parità di potere d’acquisto, scopriamo che per la sanità lo Stato e le Regioni, spendono per ogni italiano un quarto in meno (esattamente – 25,9%) di quanto spendono la Germania e la Francia e gli altri tre Paesi dell’Europa a 6 (Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi)
Nonostante che si sia evitato il taglio degli immobili strategici della Sanità . e ci sia la possibilità di vendere quelli che non lo sono per recuperare soldi cmq che vanno ai servizi sanitari ci sono altri due problemi.
Ma sembra che attraverso altri escamotage la Sanità vada verso la privatizzazione.
per il fatto dei tagli alle manutenzioni straordinarie agli ospedali è l’altro grande problema”. Finirà che non funzioneranno più e che ci sarà una vera e propria emergenza a livello d’impiantistica e di struttura.
Poi c’è un secondo problema come sottolinea Il dottor Antonio Macrì, segretario del Circolo Salute PD, racconta che anche i studiosi della Bocconi confermano i dati precedenti. Nel loro rapporto si sottolinea che il rischio di una sanità fai da te è molto alto. “In Italia, cita Macrì, il numero delle ‘badanti’è superiore al numero degli addetti ospedalieri: 774 mila contro 646 mila e che i fondi destinati a coprire i costi dell’assistenanza privata da parte dei comuni è sempre minore.[/b
]E poi ci sono i [b]ticket sanitari alle stelle con la conseguente diminuzione delle prestazioni . Soldi, almeno per il Piemonte, non più richiesti in relazione al reddito “ma al tipo di prestazione” e anche questo è un passo verso la dismissione del sistema pubblico e “universalistico”.

[b]articolo completo [/b ] http://www.articolotre.com/2013/05/sani … ato/169471

Sanità in Piemonte: bene comune e interesse privato

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Fonte Articolotre Vito D’Ambrosio- 13 maggio 2013- attualità Definitivamente archiviata l’epopea dell’assessore alla Sanità piemontese, Paolo Monferrino, il problema della sanità pubblica regionale resta comunque aperto.

Il neo eletto assessore Ugo Cavallera sembra essere un politico più predisposto al dialogo ed alla mediazione. Ma il futuro della sanità piemontese continua essere incerto. L’iter delle cosiddette ‘Federazioni’, strumento voluto dal presidente Cota ed irrinunciabile base sulla quale costruire il progetto di riforma del precedente assessore per armonizzare le spese in sanità, sembra essere definitivamente accantonato. Così anche il piano di dismissioni delle ‘emodinamiche’ sembra in fase di rivisitazione. Ma la questione di fondo sul come la sanità nazionale, e dunque anche quella piemontese, debba e possa continuare essere un servizio pubblico di qualità per tutti i cittadini non pare ancora risolta.

Anche il Fondo Immobiliare Sanitario, che prevedeva la creazione di una società mista pubblico – privato (66% ai primi e il restante ai secondi) con il compito di alienare gli immobili della sanità per coprire i dissesti del comparto sanitario, con il bel risultato di aggiungere alle spese correnti della sanità anche gli affitti, “Non decollerà: forse più per ragioni interne alla Giunta che per la grande quantità di critiche sollevate”.

Almeno così spiega Eleonora Artesio che di quell’assessorato conosce tutto le pieghe e le piaghe. Del resto, argomenta Artesio, anche “dall’amministrazione centrale, dalla Corte dei Conti, c’è stato un ‘no’. Il Fondo Immobiliare Sanitario non può essere usato per le spese correnti”. Tradotto significa che si possono vendere degli immobili, ancorché non strategici per il servizio che si deve svolgere e, comunque, i guadagni devono essere utilizzati per investimenti e non per pagare le spese correnti ovvero: stipendi, manutenzione ordinaria, mense, materiale di consumo: insomma il quotidiano.

Il tema è di quelli scottanti.

La Sanità rappresenta l’80% del bilancio regionale. Sono milioni di euro. Sono l’appetito di molte lobby e di molti potentati. Dice Giulio Fornero, già direttore generale dell’Aslto2 ed attuale dirigente in sanità: “Non ringrazieremo mai abbastanza forze dell’ordine e magistratura per aver portato alla luce il tentativo di infiltrazione mafiosa in sanità”. Infatti con l’inchiesta ‘Minotauro’ che ha portato alle dimissioni l’ex assessora Caterina Ferrero si è aperto uno scenario di inquinamento della vita pubblica piemontese di proporzioni inquietanti. Un tema, quello delle infiltrazioni mafiose mai troppo sollecitato. Aggiunge Fornero che i “Tagli alle manutenzioni straordinarie agli ospedali è l’altro grande problema”. Finirà che non funzioneranno più e che ci sarà una vera e propria emergenza a livello d’impiantistica e di struttura. E anche questo è un aspetto che allontana le persone dal pubblico. Un ospedale fatiscente è l’anticamera per perdere la fiducia nel sistema anche a fronte di personale motivato e capace.

Tutto questo sembra essere un disegno per screditare il pubblico e per chiedere a gran voce l’intervento salvifico del privato. Attività di discredito per altro iniziata dall’ormai ex ministro senza portafoglio per la pubblica amministrazione e l’innovazione Renato Brunetta e che ancora non ha trovato fine. Come se il pubblico non fosse in grado di gestire o costasse troppo per il semplice fatto che è pubblico. Ancora Artesio a questo proposito: “Si dice da più parti che il Servizio Sanitario nazionale e regionale costa troppo. Questa affermazione è l’esito di un orientamento politico dominante rispetto l’idea che si insostenibile. Ma la verità è che la sanità italiana costa di meno rispetto alla media europea”. Ed è un sentire comune che alcuni economisti anche d’oltre oceano stanno radicalmente denunciando come non veritiero. Restando in Italia,secondo uno studio del CEIS (Centre for Economic and International Studies) dell’Università di Tor Vergata a Roma, raccontato dal sito http://www.quotidianosanita.it, apprendiamo che “A parità di potere d’acquisto, scopriamo che per la sanità lo Stato e le Regioni, spendono per ogni italiano un quarto in meno (esattamente – 25,9%) di quanto spendono la Germania e la Francia e gli altri tre Paesi dell’Europa a 6 (Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi). E la stesso accade anche se prendiamo in considerazione la spesa privata (in questo caso il gap è del 26,1% in meno)”. Commenta amaramente Eleonora Artesio che queste semplificazioni “Condurranno alla modificazione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) verso una loro riduzione. Un ulteriore passaggio verso la privatizzazione e i cosiddetti doppi binari della sanità”.

Il dottor Antonio Macrì, segretario del Circolo Salute PD, racconta che anche i studiosi della Bocconi confermano i dati precedenti. Nel loro rapporto si sottolinea che il rischio di una sanità fai da te è molto alto. “In Italia, cita Macrì, il numero delle ‘badanti’è superiore al numero degli addetti ospedalieri: 774 mila contro 646 mila”. Siamo all’assistenza fai da te. Ma fa riflettere anche la diminuzione delle prestazioni che sembra essere la diretta conseguenza all’impennata dei ‘ticket’ sanitari per ogni prestazione. Soldi, almeno per il Piemonte, non più richiesti in relazione al reddito “ma al tipo di prestazione” e anche questo è un passo verso la dismissione del sistema pubblico e “universalistico”.

Bene ha fatto la Federazione del PdCI (Partito dei Comunisti Italiani) riunire intorno ad un tavolo persone, che pur appartenendo al variegato mondo della sinistra, hanno cultura politica diversa: da Rossana Beccarelli del Comitato 21marzo a Monica Cerutti consigliera regionale di SEL; da Eleonora Artesio consigliera regionale della Federazione della Sinistra a Antonio Macrì, segretario del Circolo Salute del PD; da Gabriele Gallone segretario ANAAO ASSOMED Piemonte a Giulio Fornero dirigente medico ed esperto in politiche sanitarie. Il loro comune denominatore è parso essere una conoscenza del sistema e una idea diffusa e condivisa della sanità pubblica quale bene prezioso della collettività.

Alla cascina Marchesa a Torino, in corso Vercelli, in una domenica di sole si è parlato di questo. Di come salvare un sistema importante ed utile per il benessere fisico, sociale ed economico della collettività. Perché sanità e welfare sono anche un fattore di sviluppo economico.

Eventi come questo si spera che non di fatto sporadico si tratti. È necessario che si creino occasioni di approfondimento e conoscenza che non possono trovare spazio negli organi d’informazione solo nella contingenza delle cattive notizie: mala sanità, liste d’attesa o peggio con pratiche illecite. Certo si può sottolineare la scarsa presenza di pubblico all’iniziativa dei ‘Comunisti Italiani’. Certo si può dire che il livello di ragionamento era più rivolto agli addetti ai lavori. Varie le motivazioni per stigmatizzare la non folta partecipazione dei cittadini. Ma vale la regola che occorra perseverare nel costruire occasione di conoscenza forti, quando ci sono e qui ci sono, in ballo l’interesse collettivo e la salvaguardia di una idea universalistica del servizio pubblico.

Del resto non è proprio nell’occasione dell’annunciata dismissione del reparto di emodinamica dell’ospedale San Luigi di Rivalta che ben 35 mila cittadini hanno aderito alla protesta firmando la petizione dei medici e ospedalieri per far sentire la propria voce di dissenso?

Piemonte il Pm Guariniello Protesi d’anca tossiche: è allarme

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Articolotre 11/05/2013 redazione attualità
Due modelli commercializzati dalla Depuy rilasciano sostanze tossice nell’organismo. Migliaia i pazienti a rischio. Guariniello ha inscritto nel registro degli indagati cinque amministratori delegati della società

Redazione- -11 maggio 2013- Difettosi e tossici. Questo è emerso a seguito di un primo esame su due modelli di protesi d’anca prodotti dalla Johnson e Johnson e commericalizzati in Italia dalla Depuy.

Secondo le analisi, un paziente su otto è obbligato a sottoporsi a un secondo intervento, a distanza di poco tempo dal primo, per poter far fronte ai nuovi problemi di salute che le protesi determinano sull’organismo. Questi modelli, infatti, posseggono delle componenti metalliche che, sfregandosi tra loro, rilasciano microparticelle nel sangue, nonchè ioni cromo e cobalto in quantità tossiche.

Solo in Italia, tra il 2003 e il 2010, 1500 dei 4800 pazienti a cui le protesi erano state impiantate, si sono dovuti sottoporre ad un intervento di sostituzione, mentre, a livello globale, si parla di circa 12mila operazioni simili già effettuate su 90mila pazienti.

Intanto, sebbene l’azienda parli di una percentuale che si aggira tra il 12 e il 13% di protesi da sostituire, cinque amministratori delegati della Depuy Italia sono stati iscritti sul registro degli indagati dalla procura di Torino. Il Procuratore Raffaele Guariniello, infatti, ha mosso contro di loro l’accusa di frode in commercio e commercializzazione di prodotti dannosi per la salute

Regione Piemonte confermati i tagli al trasporto pubblico

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confermati i tagli al trasporto pubblico locale da giugno,ma in forma ridotta rispetto alle (funeree) previsioni dei giorni scorsi. Nel caso del trasporto su gomma, si è passati da una previsione di meno 50%,un autobus su due,a una sforbiciata del meno 6,25 (dato medio regionale): sono 20 milioni. Più complesso il discor- soperiltrasportosuferro,dove l’impatto delle riduzioni è subordinato alla rinegoziazione del «catalogo»dei servizi conTreni-talia.E trattandosi di

ridurre alle Ferrovie trasferimenti per 40 milioni,si prevedono tempi molto duri. Resta la consapevolezza, soprattutto da parte degli enti locali, che poteva finire peggio. Anche se, come in ogni calcolo reso spericolato dalla necessità di fare quadrare i conti, c’è il trucco. Aumentaildebito Comesiricorderà,persostene- re il fabbisogno del trasporto pubblico locale nel 2013, gomma e ferro, mancavano all’ap- pello 120 milioni: cifra scesa a 90 milioni dopo che l’assessore Gilberto Pichetto ne ha iscritti 30 nel bilancio di previsione. Comunque troppi. Da qui la decisione di scaricare altri 30 milioni-lequivalente dei costi so- stenuti dal sistema del trasporto su gomma nei primi sei mesi dell’anno-sul debito pregresso maturato dalla Regione verso le aziende del settore,por tandolo da 340 a370 milioni: 150 saranno coperti quest’anno grazie al disimpegno dei Fondi Fas inizialmente attribuiti a una serie di opere pubbliche, 110 nel 2014 e 110 nel 2015.Quandobastaperri- durre il disavanzo 2013 a 60 mi- lioni – 40 recuperati tagliando i trasferimenti regionali a Treni- talia, 20 riducendo i servizi del trasporto su gomma (decisione che spetterà alle Province,titola- ri dei contratti con le aziende) – scongiurando il ricorso troppo pesante alla mannaia. «Nessun trucco-replicano dall’assessora- to regionale ai Trasporti -. I 30 milioni di costi maturati nel pri- mo semestre 2013 sono atutti gli effetti debito pregresso. Quello che,stando all’ultimo decreto approvato dal Consiglio dei ministri, può essere ripianato con i FondiFas». Autobus L’Agenzia per la Mobilità Metro- Soddisfazione deglientilocali, maaumenta il debito pregresso politana subirà un taglio del 6,45% (12 milioni: uno sul trasporto urbano,11su quello extraurbano) ,le Province del 4,75% (5 milioni), i Comuni del12,03%(3milioni). Torinoehinterland Quest’anno l’Agenzia per la Mobilità Metropolitana, che gestisce il servizio di trasporto urbano(aTorino)ed extraurbano(nei Comuni dell’area metropolitana), otterrà 170.191.949 milioni rispetto ai 182.161.672 inizialmente previsti. Provincia di Torino La Provincia di Torino(20.086.495 euro di ricavi da tariffa) si vedrà assegnare34.227.761eurorispetto ai34.273.037previstiinprimabat- tuta.Seconsideriamoiltotaledel- le risorse assegnate alle otto Provincepiemontesi, lerisorse erogate saranno pari a 92.857.102 euro (rispetto a un’attesa di 97.613.799 euro). Soddisfatto ma prudente Antonio Saitta, presidente della Provincia:diTorino« A livello tecnico è stato fatto un buon lavoro che ora andrà ratificato in sede politica». I criteri La ripartizione delle risorse tiene conto de lrapporto tra costie ricavi del servizio nelle varie aree e dello studio che la Regione ha commissionato a SITI: una fotgrafia del sistema del trasporto esistente corredata dall’analisi perrenderlopiùeffciente(emeno costoso). Insintesi,aibacinicheraggiun- gonoilcoefficientedel35%inter- minidirapportotracostiericavi- calcolato sulla base dei dati 2011, aumentatidel6%pertenereconto dell’aumento tariffario scattato nel 2012 – verrà erogato il contri- buto standard.«Perquesto-spiega Barbara Bonino, assessorere- gionale ai Trasporti -, abbiamo confermato i Fondi Fas, disimpegnati da altri progetti,sulla biglietto unico integrato: non solo è uno strumento comodo per gli utenti ma in futuro consentirà di monitorare conprecisione il rapporto tra costi e ricavi». Areea domanda debole Le più periferiche, ad esempio i Comuni di montagna. Quelle che, pur non raggiungendo il coefficientedel 35%,non possonoessere abbandonate al loro destino: previste integrazionidifondi. Treni Come si premetteva, i tagli del trasporto su ferro – i più pesanti, considerato che sono pari a 40milioni – restano subordinati alla trattativa con Trenitalia. Partita aperta. AL

Cinghiali radioattivi: Chernobyl o Fukushima? Scampa: non solo Cesio ( il Piemonte è la pattumiera delle scorie nucleari d”Italia)

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Fonte Stampalibera.com 24/04/2013 di Maurizio Maria Corona attualità
Sintesi Redazione
Oltre alla Valsesia dopo altri accertamenti i cosidetti cinghiali radioattivi sono stati trovati anche nella Provincia Verbania .Secondo il . Prof. Paolo Scampa (AIPRI): “il monitoraggio sulla selvaggina avrebbe dovuto essere obbligatorio anche perchè la questi isotopi radioattivi riguarda per la situazione residuata dal fallout di Chernobyl”sono stati trovati in altre zone Europee .
Nella sua visita in Valsesia il ministro della Salute Balduzzi aveva minimizzato la cosa dicendo che non c’è nessun pericolo a parte l’abbattimento dei cinghiali , in realtà questo ministro aveva già minimizzatto sulla questione dei vaccini esavalenti avariati della Glaxo Belga, quando praticamente in tutta Europa erano stati blocatti i lotti di vaccinazioni e in Italia non si è fatto .

Se in Italia il fenomeno ritenuto misterioso è invece conosciuto (e monitorato) molto bene all’estero, ad esempio in Germania dove i cacciatori sono addirittura risarciti per i cinghiali radioattivi (vedi anche il nostro articolo in tempi non sospetti “Giuliano Ferrara e il cinghiale radioattivo”6)(chissà perchè in Germania i cittadini sono sempre informati e noi no?)
. Le associazioni che si occupano di inquinamento nucleare e dei suoi risvolti sociali, come ad esempio Mondo in Cammino, non possono però che constatare quanto i cinghiali radioattivi in Italia non possano essere una “sorpresa”

”. Nel comunicato stamp adel Mondo in Cammino il Presidente dell’associazione Massimo Bonfatti nell’articolo “Cinghiali radioattivi, che novità!!!”7 l’associazione oltre all’ ipotesi che il Cesio nei cinghiali possa arrivare da Chernobyl, Fukushima, Saluggia e Trino Vercellese (“il Piemonte è la pattumiera radioattiva dell’Italia”,) considera una questione fondamentale. Scrive Bonfatti: “(…)il quesito rimane solo e sempre uno: indipendentemente dalle cause, il monitoraggio sulla selvaggina avrebbe dovuto essere obbligatorio per la situazione residuata dal fallout di Chernobyl e questo avrebbe permesso di individuare, già da tempo, quella contaminata e non avrebbe esposto la popolazione a rischi che, evidentemente, ci sono già stati in seguito all’immissione, sia nel settore privato che pubblico, di carne contaminata (non va infatti dimenticato che i cinghiati non sono stanziali e che oltrepassano le barriere territoriali”.
Fonte Stampalibera.com 24/04/2013 di Maurizio Maria Corona attualità

Continua la “caccia” ai cinghiali radioattivi piemontesi che, dopo essere stati “ritrovati” in Valsesia ora “sbucano” anche a Verbania. Immediatamente si parla di Cesio e di Chernobyl, ma i dati comunicati sono insufficienti. Mondo in Cammino e AIPRI riflettono sulla situazione. Prof. Paolo Scampa (AIPRI): “il monitoraggio sulla selvaggina avrebbe dovuto essere obbligatorio per la situazione residuata dal fallout di Chernobyl”.
Ogni metro quadrato del pianeta terra è contaminato dall’inquinamento radioattivo artificiale frutto della follia nucleare che, dal Progetto Manhattan in poi, dopo la deflagrazione della prima bomba atomica di Hiroshima, proseguenell’avvelenamento progressivo dell’umanità.1 In un certo senso, per gli amanti dei film d’antan, il nostro pianeta sta andando incontro ad una fine in stile “Ultima Spiaggia”2 (film del 1959 diretto da Stanley Kramer) dove alla fine le polveri radioattive cancelleranno la vita, almeno quella umana, dalla faccia della terra. Non a caso l’ ultimo articolo diBob Nichols su Veteran Today3 si intitola “Sterilize the Planet”,titolo che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni ma di una lettura attenta. Chi si è dimenticato di Fukushima e Chernobyl non sa nemmeno che cosa sia, scopre quindi con una certa sorpresa che anche icinghiali nostrani possono essere “radioattivi”.

Scrive il Corriere della Sera4 nel dare notizia della nuova scoperta di cinghiali contaminati dalla radioattività nella zona montana della provincia di Verbania, (in particolare in valle Vigezzo): “Un mese fa animali che presentavano lo stesso misterioso avvelenamento erano stati scoperti nella vicina provincia di Vercelli. (…) Il perché del fenomeno, come detto, non è stato ancora spiegato con certezza:nessuno sa dire perché la presenza dell’isotopo radioattivo si manifesti di nuovo a quasi 30 anni dal disastro di Chernobyl e solo nei cinghiali“. In realtà il fenomeno “misterioso” è conosciuto (e monitorato) molto bene all’estero, ad esempio in Germania dove i cacciatori sono addirittura risarciti5 per i cinghiali radioattivi (vedi anche il nostro articolo in tempi non sospetti “Giuliano Ferrara e il cinghiale radioattivo”6).
Le associazioni che si occupano di inquinamento nucleare e dei suoi risvolti sociali, come ad esempio Mondo in Cammino, non possono però che constatare quanto i cinghiali radioattivi in Italia non possano essere una “sorpresa”. Nel comunicato stampa “Cinghiali radioattivi, che novità!!!”7 l’associazione oltre all’ ipotesi che il Cesio nei cinghiali possa arrivare da Chernobyl, Fukushima, Saluggia e Trino Vercellese (“il Piemonte è la pattumiera radioattiva dell’Italia”, sottolinea Massimo Bonfatti Presidente di Mondo in Cammino) considera una questione fondamentale. Scrive Bonfatti: “(…)il quesito rimane solo e sempre uno: indipendentemente dalle cause, il monitoraggio sulla selvaggina avrebbe dovuto essere obbligatorio per la situazione residuata dal fallout di Chernobyl e questo avrebbe permesso di individuare, già da tempo, quella contaminata e non avrebbe esposto la popolazione a rischi che, evidentemente, ci sono già stati in seguito all’immissione, sia nel settore privato che pubblico, di carne contaminata (non va infatti dimenticato che i cinghiati non sono stanziali e che oltrepassano le barriere territoriali”.
E proprio riguardo ai cinghiali radioattivi in Germania Mondo in Cammino nella nota ricorda: “Non a caso in Germania, dal 2007 al 2009 sono quadruplicati fino a 425.000 euro gli indennizzi ai cacciatori per i cinghiali radioattivi con tassi di Cesio nella carne tali da renderli immangiabili e invendibili, e rendendoli, per di più, un rifiuto pericoloso da smaltire. E come non ricordare che, sempre in conseguenza del fallout di Chernobyl, nella regione dellaCumbria in Gran Bretagna continuano tutt’oggi le restrizioni nell’utilizzo di molte aree per il pascolo degli ovini). Il riscontro incidentale del cesio nei cinghiali è quindi preoccupante perché da una parte pone sotto osservazione tutto il ciclo alimentare derivante dalla terra (e, quindi, non solo l’area vercellese in cui , per tranquillizzare l’opinione pubblica, si vorrebbe confinare il problema) e l’intera catena alimentare; e, dall’altra pone in evidenza la casualità degli accertamenti rivelando un fallimentare, inosservante e colpevole sistema di monitoraggio. Ora si cercherà di chiudere la stalla con i buoi (i cinghiali)già scappati”.
Il problema è che, dovunque “scappino” i cinghiali rischiano di continuare, zona più zona meno, la loro dieta “a base” di Cesio. Basta infatti prendere in mano la cartina della contaminazione dell’Italia8curata dall’AIEA (sempre sul sito di Progetto Humus), per rendersi conto della situazione.
Mondo in Cammino, nel suo ultimo comunicato sui cinghiali radioattivi sottolinea: “Mi auguro che la subitanea attribuzione data da alcuni settori dell’ambientalismo al fallout di Chernobyl per il problema dei cinghiali radioattivi in Piemonte e subito sposata a piene mani dalle istituzioni e da ‘certi’ esperti, non sia la scusa cavalcata ad arte e depistante per nascondere altre cause (fonti orfane, traffici illegali, ecc.) a cui le stesse istituzioni e gli organi preposti ai vari controlli non saprebbero (e non vorrebbero) dare risposte”. Il fatto che i cinghiali radioattivi siano per forza quelli “di Chernobyl” è parsa infatti agli esperti indipendenti un po’ “sbrigativa” quanto “comoda”.
A dare risposte che potrebbero aiutare gli esperti sul caso dei cinghiali radioattivi e far riflettere il mondo dell’ambientalismo “conformista” (e, perché no, quello della caccia) è il prof. Paolo Scampa, presidente dell’AIPRI (Associazione Internazionale per la Protezione contro le Radiazioni Ionizzanti) ed esperto internazionale famoso per la capacità di svelare quei “numeri” che, nel mondo del “nucleare”, sono talmenteesatti da poter ricostruire i più intricati delitti (radiologici, ovviamnete). Non bisogna dimenticare che lo stesso Scampa è stato allievo diMaurice Eugène André, il belga Monsieur Nucléaire (storico comandante NBCR a funzione esclusiva). Sui cinghiali radioattivi il prof. Paolo Scampa è chiaro nell’ articolo sul sito ufficiale dell’AIPRI9intitolato emblematicamente “Cinghiali e criminali”: “I dati radiologici sui cinghiali della Valsesia sono noti alle autorità scientifiche, amministrative e politiche da più di un mese ma questi dati sono stati perversamente sequestrati durante tutto questo tempo per probabile convenienza elettorale, come è da tempo sotto sequestro il fatto che, purtroppo, vaste zone del nostro arco alpino siano pure e semplici zone proibite generate dalle ricadute di Chernobyl, zone proibite che andavano e vanno tuttora imperativamente isolate secondo le leggi internazionali”. Ma è sulla “riconducibilità” dei cinghiali radioattivi che Paolo Scampa spiega: “Inoltre è loro sicuramente noto da più di un mese il rapporto isotopico tra il cesio 137 ed il cesio 134 che acconsente di determinare obiettivamente se si tratta di contaminazione ‘vecchia’ (residui delle ricadute delle prove atomiche atmosferiche e dei vari incidenti nucleari del passato Shellafiled, Saluggia, Chernobyl, ecc.) oppure se vi è anche l’aggiunta di una fonte ulteriore di inquinamento più recente (Fukushima, ecc.) ma non viene pubblicato. Ritardare un allerta nucleare è un crimine contro l’umanità. Pretendere che la specie umana sia al riparo dai contaminanti che aggrediscono gli animali è una falsità.Lasciare credere che gli animali (e pertanto uomini) siano contaminati soltanto dal cesio, dimenticando gli immancabili stronzio e vari isotopi del plutonio che furono, con tassi stra noti, parte integrante delle ricadute è delittuoso”. Il prof. Paolo Scampa poi fa due conti ed i risultati sono davvero interessanti, anche per le federazioni dei cacciatori: “Sulla base di alcuni dati regionali, si può desumere che in Italia vengono abbattuti circa 200 mila cinghiali l’anno (nella sola regioneToscana se ne abbattono circa 70.000 l’anno). Con l’ipotesi di un peso medio pieno per capo di 120 kg ed una resa a vuoto del 65% (78 kg di carne per capo) si ricavano 15,6 milioni di chili di carne di cinghiale l’anno. (200.000 * 120 * 65% = 15,6E6). Con questi 15,6 milioni di chili di cinghiale si possono, in teoria, produrre 64,2 milioni di piatti carne di 250 gr ciascuno. E osano dire che pochi si cibano di cinghiale”. Parole che cozzano infatti con quelle del Ministro della Salute uscente prof. Renato Balduzzi che, in un comunicato10proprio sui cinghiali radioattivi scriveva: “i livelli di contaminazione riscontrati non costituiscono un rischio per la salute pubblica in considerazione dei limitati consumi di carne di cinghiale e di selvaggina”. E allora, come di dice, buon appetito a tutt

Rapporto Legambiente Acqua in bottiglia, le gocce alle Regioni il Piemonte tra i maggiori produttori con ma con una tariffa considerata iniqua

MilenaGabanelli
Fonte Fatto Quotidiano.it di Lorenzo Vendemmiale del 7/04/2013 attualità
L’acqua in bottiglia è sempre più un affare per le aziende che operano sul territorio italia Secondo il rapporto di Legambiente lo stato infatti, non restano che poche gocce, neanche l’1% in tasse di tutti questi soldi.D’accordo che le aziende che producono acqua in bottiglia E’ chiaro che le aziende hanno delle spese relative ai macchinari, ai trasporti, al personale ma il rapporto appare sproporzionato.
Dai dati dai legambiente risulta che ci sia una produzione (oltre 12 miliardi di litri all’anno) ha un impatto ambientale quantificabile nel consumo di 6 miliardi di bottiglie di plastica e 456mila tonnellate di petrolio, nonché nell’emissione nell’atmosfera di 1,2 milioni di anidride carbonica.
La colpa, però, non è dei privati, ma delle Regioni che adottano canoni troppo vantaggiosi per le società, prevedendo un criterio in funzione degli ettari sfruttati e non dei litri imbottigliati; o fissando tariffe più basse del dovuto.
Ma Piemonte in Campania e Basilicata che sono tra tra i maggiori produttori in Italia, che si registrano i differenziali massimi tra quanto incassato attualmente e quanto si potrebbe incassare con tariffe più eque
Da un rapporto di circa due anni fa L’italia risultava il terzo consumatore di acqua in bottiglia nel mondo.

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La denuncia viene da un rapporto di Legambiente, secondo cui agli enti pubblici va solo l’1% del giro d’affari dei privati. Colpa di concessioni vecchie e sbilanciate a favore dei privati. Casi limite in Puglia, Liguria, Campania e Basilicata. Il Lazio, invece, ha adottato il triplo canone

L’acqua in bottiglia è sempre più un affare per le aziende che operano sul territorio italiano. Ma solo per loro. Allo Stato, infatti, non restano che poche gocce, neanche l’1% di tutti questi soldi. La denuncia viene da Legambiente e Altreconomia, e dal dossier Acque in bottiglia, un’imbarazzante storia italiana”. La sua massiccia produzione (oltre 12 miliardi di litri all’anno) ha un impatto ambientale quantificabile nel consumo di 6 miliardi di bottiglie di plastica e 456mila tonnellate di petrolio, nonché nell’emissione nell’atmosfera di 1,2 milioni di anidride carbonica. Acqua preziosa per le industrie, acqua però svenduta dall’Italia. Ci sono Regioni, come ad esempio la Puglia e la Liguria, che incassano davvero spiccioli dalle concessioni: 20mila euro nel primo caso, addirittura 3mila euro nel secondo. “Eppure parliamo di un bene che viene preso dal suolo pubblico e imbottigliato. E’ chiaro che le aziende hanno delle spese relative ai macchinari, ai trasporti, al personale. Ma ciò non giustifica una simile sproporzione nella distribuzione dei ricavi”, afferma Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente.

La colpa, però, non è dei privati, ma delle Regioni che adottano canoni troppo vantaggiosi per le società, prevedendo un criterio in funzione degli ettari sfruttati e non dei litri imbottigliati; o fissando tariffe più basse del dovuto. Il Lazio, infatti, è l’unica Regione che adotta il triplo canone, ovvero quello stabilito dalla Conferenza delle Regioni nel 2006, e che prevede una tariffa da 1€ a 2,5€ per metro cubo di acqua imbottigliata, da 0,5€ a 2€ per metro cubo di acqua emunta e 30€ per ettaro di superficie concessa. Ci sono comunque altre Regioni virtuose: 9 in particolare (Trentino Alto-Adige, Lombardia, Veneto, Toscana, Umbria, Marche) che prevedono un doppio canone, secondo le linee guida nazionali. Ma nel resto d’Italia queste direttive sono disattese. E ciò si traduce in un regalo’ di svariate decine di milioni di euro alle industrie. Addirittura 70 milioni di euro ogni anno, secondo il calcolo di Legambiente (che però ipotizza un canone molto alto, di 10€ per metro cubo). Ma anche fermandosi ad una più realistica cifra di 2,3€ a metro cubo (quella applicata dal Lazio), sono almeno 15 i milioni di euro a cui rinunciano le amministrazioni locali. Nella classifica stilata da Legambiente la Provincia autonoma di Bolzano, la Liguria, l’Emilia-Romagna, il Molise, la Puglia e la Sardegna (che prevedono solo il canone in funzione degli ettari concessi) sono bocciate senza appello. Ma è in Campania, Basilicata e Piemonte, tra i maggiori produttori in Italia, che si registrano i differenziali massimi tra quanto incassato attualmente e quanto si potrebbe incassare con tariffe più eque: addirittura 3 milioni di euro ogni anno in Campania, dove un miliardo e mezzo di litri d’acqua vengono pagati solo 30 centesimi al metro cubo; tariffa che sale (si fa per dire) a 60 centesimi in Basilicata e 75 centesimi in Piemonte.
“E’ una situazione illogica sotto tanti punti di vista”, sostiene Zampetti: “Innanzitutto a livello di competitività: è assurdo che ci siano tali discrepanze fra un territorio e l’altro, bisognerebbe uniformare il mercato. Adeguare i canoni di concessione tutelerebbe la dignità di un bene prezioso come l’acqua. E porterebbe nelle casse delle amministrazioni locali risorse importanti, di cui ci sarebbe grande bisogno in un momento economico così delicato. Ma nessuno fa nulla da anni. Davvero non riusciamo a capire il perché”.
Una spiegazione prova a fornirla Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico di Legambiente Campania: “L’acqua in bottiglia è l’altra faccia della medaglia dell’acqua del rubinetto che non viene utilizzata. Le responsabilità sono tutte della classe dirigente: non si è mai fatto nulla per rendere più competitiva e appetibile dal punto di vista percettivo l’acqua corrente. Così si è agevolata l’esplosione di questa bolla dell’acqua in bottiglia. E nel frattempo, in questo settore effimero e poco sostenibile dal punto di vista ambientale, dove guadagnano solo i privati, si è creata occupazioneche adesso non si può più andare a toccare”. Lo dimostra il caso di una Regione ‘virtuosa’ come il Veneto, esosa nei confronti delle aziende ma solo sulla carta: qui, nel triennio 2013-2015 (come già tra il 2010-2012), il canone di 3€ al metro cubo è stato dimezzato “in considerazione del protrarsi delle condizioni di crisi e dell’esigenza di garantire la difesa dei livelli occupazionali”.
E una conferma importante arriva anche da Marcello Pittella, assessore alle Attività produttive della Regione Basilicata: “Siamo pienamente consapevoli del problema: la Basilicata, come altre Regioni, svende la propria acqua. Ma possiamo farci ben poco: forse in passato alcune grandi aziende hanno speculato, ma adesso tutte le industrie del comparto sono in crisi, almeno da noi. In questa congiuntura economica alzare i canoni significherebbe mandare in mobilità centinaia, se non migliaia di lavoratori. Per altro, quello che incasseremmo dalle concessioni saremmo costretti a spenderlo in cassa integrazione. Ora come ora non ci sono alternative a mantenere gli attuali canoni, che sono molto bassi. In futuro, se ci sarà uno spiraglio per farlo, non escludiamo di aumentarli. L’errore c’è, ma è stato fatto in passato a livello nazionale”, conclude Pittella. “E’ la storia del nostro Paese, purtroppo: descriveremmo la fisionomia di un’Italia diversa e migliore, se potessimo tornare indietro e non commettere gli stessi sbagli”.Paolo_Guido