Archivio mensile:settembre 2012

Quello che facciamo è incostituzionale. (ecco come i mercati si sono comprati L’Italia)

Da Byoblu
intervista all’economista Livia Udiemi

Antonio Polito, ieri sera a L’Ultima Parola, diceva sostanzialmente: si può battere moneta, va bene la sovranità, ma poi non ti danno i soldi… Ed è esattamente quello che è successo, come testimoniano le parole del senatore Garavaglia, che ieri sera sono riuscito a far ritrasmettere dalla Rai. Il tema è cioè quello del ricatto economico-finanziario, ma sembra ormai sfuggire a tutti cos’è che tiene unito un popolo, ovvero qual è l’essenza di uno Stato.

Uno Stato è un ordinamento giuridico. Ovvero: si compone di norme superiori che ne legittimano altre, che danno forza di legge ad altre ancora e così via. L’insieme di norme di più alto livello è la Costituzione italiana. E’ quella, essenzialmente, che rende tutti noi, insieme, uno Stato: lo Stato italiano. Se non si capisce questo – e togliendo l’educazione civica dalle scuole mi rendo conto sia diventato difficile da capire – allora diventa possibile legittimare qualsiasi cosa.

La Costituzione prevede le condizioni in base alle quali sciogliere un Governo, poi prevede un eventuale giro di consultazioni del Presidente della Repubblica per verificare la fattibilità di un nuovo esecutivo, poi prevede l’incarico, la scelta dei ministri, poi il giuramento, poi la fiducia dei due rami del Parlamento e così via. Se non si segue questa procedura, è un colpo di Stato. E’ alto tradimento. Non sono paroloni: violare la Costituzione, in qualsiasi modo o forma, oltreche essere ovviamente “incostituzionale”, in caso di particolare gravità rappresenta un vero e proprio attentato allo Stato, che come abbiamo visto è tutto e solo ciò che ha valore nel nostro ordinamento.

La Costituzione dice anche che il popolo è sovrano, non i mercati. Oggi abbiamo tuttavia sdoganato ogni forma di paradosso. Bersani, su richiesta di una giornalista che lo interrogava circa la candidatura del PD alle prossime elezioni, qualche mese fa rispose che era tranquillo, perché i mercati conoscevano bene il suo partito: avevano già governato in passato. Non rispose “sono tranquillo perché gli elettori ci conoscono”, ma “perché ci conoscono i mercati”, che sono composti perlopiù da soggetti privati stranieri. Forse sarebbe dunque il caso allora di cambiare la Costituzione, modificando l’articolo 1 in maniera da stabilire che “la sovranità appartiene ai mercati”. Anche perché sta diventando ormai una sorta di costituzione materiale.

E’ comprensibile che uno Stato indebitato, senza sovranità monetaria e che dipende dunque dai “mercati” per garantire servizi e welfare ai propri cittadini, non possa eludere completamente la questione, ma la domanda che bisognerebbe farsi é: fino a che punto è lecito spingere in avanti la linea del ricatto? Esiste un punto preciso, una sorta di Linea del Piave, che non si può superare senza cadere nel ridicolo e arrendersi ad una invasione in piena regola?

Per capire di cosa sto parlando, ieri sera ho mostrato uno spezzone del senatore Garavaglia, che spiega cosa successe negli ultimi giorni del Governo Berlusconi. Rappresentanti della BCE e della Commissione Europea comunicarono a senatori e deputati che era già stato deciso un Governo Monti, e che se non l’avessero sostenuto avrebbero fatto in modo che nessuno più acquistasse le nuove emissioni dei titoli di Stato per i successivi due mesi, causando così il fallimento del nostro Stato.

Non solo un ricatto, e della peggior specie, ma anche la prova che la Costituzione era stata violata, perché prima ancora della decisione delle Camere di sciogliere il Governo, prima ancora del giro di consultazioni del Presidente della Repubblica, prima ancora dell’attribuzione di un mandato, della scelta dei ministri e dell’incarico, qualcuno (loro, che non sono italiani) aveva già deciso che ci sarebbe stato un Governo Monti. Non solo: avevano anche esautorato il Parlamento, togliendogli l’unica strumento residuo di controllo, ovvero l’esercizio del voto di fiducia, mediante il ricatto. L’esautorazione del Parlamento equivale all’esautorazione del popolo dalla sua funzione di sovranità. Equivale, cioè, alla distruzione delle fondamenta dello Stato.

Per chi conosce la storia, queste sono ingerenze e imposizioni che i vinti subiscono dai vincitori. Chi dice che la Costituzione è stata rispettata, commette volontariamente un atto di falsificazione storica e di manipolazione mediatica.

Anche tutte queste cessioni di sovranità sono eminentemente incostituzionali, perché è vero che la Costituzione – che è del 1948 ed è quindi antecedente ad ogni forma di organizzazione europea, che risale solo al 1951 – “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” [Arti.11], ma la condizione fondamentale è “in condizioni di parità con gli altri Stati”. Altrimenti si chiama svendita. Quale parità può esserci tra gli sforzi necessari ad un paese come il nostro, con un rapporto debito/Pil del 120%, per raggiungere un rapporto del 60% (come vuole il Fiscal Compact), e gli sforzi della Germania, per esempio, che ha un rapporto debito/Pil dell’80%, o l’Olanda, che è già al 66%, o addirittura la Finlandia, che è abbondantemente sotto al 50% e quindi non deve fare niente? Che parità è quella che costringe un paese a pesanti inflizioni economiche, a tagli, alla disoccupazione, e un altro paese a godersene i frutti (ricordatevi che abbiamo appena speso 10 miliardi che andranno probabilmente a finanziare proprio Finlandia, Olanda e Germania)?

Ma soprattutto, di quale parità stiamo parlando se ratifichiamo un trattato come il MES, che ci impone da subito 125 miliardi di esborsi e poi consente all’infinito di infliggerci nuovi debiti, al di fuori del controllo parlamentare, mentre lo stesso trattato, ratificato dalla Germania, non consente indebitamenti illimitati ma obbliga il Parlamento alla discussione e all’approvazione esplicita di ogni futuro esborso?

Se non c’è parità, allora una cessione di sovranità è incostituzionale. Ma sembra che a noi, di questa benedetta Costituzione, ormai non importi più nulla

La finta spending review che salva i super-stipendi SE LA NOMINA È PRECEDENTE NESSUN TAGLIO, COME GUBITOSI IN RAI


Fatto Quotidiano 29/09/2012 Marco Palombi attualità I eri gli statali di Cgil e Uil sono scesi in piazza. Era- no trentamila e protesta- vano, soprattutto, contro la riduzione degli organici del 10% per gli impiegati e del 20% per i dirigenti con- tenuta nella spending review, per le decine di migliaia di precari che probabilmente non si vedranno rinnovare l’incarico e per il rinnovo dei contratti bloccato dal gover- no. È necessario, risponde però l’esecutivo, bisogna contenere i costi della Pub- blica amministrazione e ren- derla più efficiente: il taglio è doloroso, ma inevitabile. Di- ciamo che Monti e i suoi mi- nistri abbiano ragione, ma al- lora come si spiega la vicenda che andiamo a raccontare? NON È certo la storia di tra- vet fannulloni, poliziotti pan- zoni o professori sfaticati, per carità, è una storia che si svol- ge in stanze ben arredate, abi- tate da uomini abituati al ve- stito di sartoria, competenti e gran lavoratori: manager, con- siglieri d’amministrazione, di- rigenti generali, la meglio bu- rocratja del Belpaese. Ebbene, per raccontarla bisogna parti- re dal lontano Salva-Italia, la manovra di dicembre 2011: in quel decreto era previsto un tetto di 294 mila euro l’anno per gli stipendi dei manager sia degli enti pubblici, sia delle società non quotate in mano a governo o enti locali. Per i pri- mi il decreto attuativo arrivò a marzo, per i secondi – un po’ in ritardo – proprio con la spending review di agosto. Be- ne? Mica tanto. Nelle stanze ben arredate, tra gli uomini competenti e ben vestiti si porta assai l’emendamentino, il comma aggiuntivo, la corre- zione. E dunque, se all’ar tico- lo 2 comma 20 ter e quater c’è il tetto, al quinquies c’è la de- roga: “Le disposizioni si appli- cano rispettivamente a decor- rere dal primo rinnovo dei consigli di amministrazione successivo alla data di entrata in vigore della legge di con- versione del presente decreto e ai contratti stipulati e agli atti emanati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del pre- sente decreto”. Tradotto: se avete già il con- tratto o siete in carica, tene- tevi pure lo stipendione extra- tetto fino alla scadenza. Pec- cato che tra aprile e luglio – solo a livello statale (cioè sen- za contare la selva delle mu- nicipalizzate e delle società regionali e provinciali) –siano stati rinnovati un bel numero di Consigli d’a m m i n i s t ra z i o n e e relativi manager di Spa sta- tali, che quindi si terranno i loro contratti ancora per qual- che anno: Equitalia, ad esem- pio, dove l’ubiquo Mastrapa- squa potrà godersi con como- do i suoi 545 mila euro l’anno, e poi la Gse, la Consip, Eur spa, Sogei ed Expo 2015 tra quelle del Tesoro (cui va ag- giunta la Sace, in cui previ- dentemente si aumentarono gli stipendi già a dicembre scorso), Simest per quanto ri- guarda il ministero dello Svi- luppo. Ma il cuore della vicen- da del piccolo comma è altro- ve, in un luogo simbolo del- l’immaginario collettivo: a Ro- ma, in viale Mazzini, sede del- la Rai. E, infatti, al breve testo qui sopra si potrebbe anche dare un nome e un cognome: quello di Luigi Gubitosi, diret- tore generale della Rai, che ha un contratto a tempo deter- minato per complessivi 650 mila euro l’anno (la presiden- te Tarantola, invece, il suo se l’è tagliato al livello del tet- to). IL MANAGER ex Wind, Fiat e Bank of America, è stato fortemente voluto da Mario Monti per fare della Rai una donna onesta e un’azienda di comunicazioni sana: e infatti le sue benvenute campagne di moralizzazione hanno già cominciato a fare qualche vit- tima e il duo presidente-dg ha già fatto emergere i pessimi conti della Rai tenuti nascosti dai vertici precedenti. C’e ra , però, il problema che il buon Gubitosi pretendeva di essere pagato bene, diciamo a prezzi di mercato, non essendosi for- se reso conto che è l’ora delle scelte dolorose quanto inevi- tabili: come tenere insieme la promessa del tetto agli stipen- di, che fa tanto equità e piace al pubblico, con la necessità di Monti di portare Gubitosi in Rai? Col comma quinquies, è chiaro. A metà luglio il di- rettore generale viene ufficial- mente nominato dal Consi- glio d’amministrazione, ad inizio agosto viene approvata la spending review che mette il tetto agli stipendi a babbo morto. È la legge ad personam al tempo dei tecnici: razionale forse, competente di sicuro, lungimirante può essere. Ma equa mai.

Chi c’è dietro a Monti Video di Report Raitre la Trilaterale di David Rockfeller

Gettoni,trasferte e parenti La gara dei consiglieri per avere sempre di piùEinaula122euro per ogni seduta,“sennò qui ci ritroviamo in tre…


Fatto Quotidiano 30/09/2012 Niccolò Zancan attualità
Ma cosa volete più di co- sì?Piùdiunpresidente del consiglio regionale che, messo alle strette, ammette candidamen- te: «Non posso rendere più severo il controllo delle presenze in aula e tan- tomeno togliere i gettoni, altrimenti devocompramiun’autoblindata».Era unabattuta?«Assolutamenteno,Vale- rioCattaneoeraserissimo»,diceDavi- de Bono, capogruppo del Movimento Cinque Stelle in Regione. La frase era rivolta a lui. Un’auto blindata serviva per mettersi al sicuro. E questa è la morale:nonsischerzaconlostipendio dellacasta. Ogni consigliere regionale del Pie- monte guadagna 122 euro netti in più per il semplice fatto di presenziare in aula, chiamiamolo incentivo all’impe- gno.Ilconsigliosiriuniscetredicivolte almese.Fanno1600euro.Chesomma- ti alle voci fisse dello stipendio, atte- stano il reddito mensile procapite sul- laragguardevolesogliadei9milaeuro netti. Però richiedono un piccolo sfor- zo non indifferente, bisogna esserci. Fino a un anno fa bastava una firma all’ingresso per certificare la pre- senza. «Era un gioco da ragazzi – raccontano – fir- mare, incassare, sparire». Ma da un anno, in un af- flato moralizzato- re, hanno reso ob- bligatoriaanchela firma in uscita. Firma elettronica, per di più. Il che ha creato seri grattacapi. «Eppure – rac- conta ancora Davide Bono – ne vedo a bizzeffe arrivare correndo alla fine della seduta, convocati d’urgenza via telefono dai colleghi di turno in aula». Si scapicollano per non perdere il get- tone. E qui viene il bello. Quello che si potrebbedefinire«illodoritardatari». Ovvero 15 minuti concessi da regola- mento, oltre la fine dei lavori, per ap- porre la propria firma. È facile essere sarcastici di fronte a certi aneddoti. Ovviamente non tutti i consiglieri re- gionalisicomportanocosì.Lamaggior parte lavora. Quasi tutti, però, confi- denzialmente ti dicono: «Ma sì, è un fattorisaputo.Robadabassoimpero». Ed è in questo contesto che i tenta- tividelMovimentoCinqueStelledifare abolire i gettoni di presenza si sono scontrati contro il realismo del presi- dente del consiglio regionale Valerio Cattaneo, in quota Pdl. «Mi ha detto: “Non insistere, Bono, lascia perdere, è meglio.Chesetogliamoigettoni,finisce che in aula ci ritroviamo in tre». Quel chesidicel’attaccamentoallamaglia. SonopiccolestoriedallaRegionePie- monte. Dove si può arrivare a chiedere 37milaeuroall’annoperrimborsichilo- metrici e missioni autocertificate. Del genere: fidatevi, sono andato là, era per lavoro.Eccolatopfivedeirimborsi2011: Boniperti,Lupi,Cattaneo,Cantore,Cor- topassi, ovvero Pdl, Verdi Verdi, Pdl, Pdl,Lega.«Maquestastoriaènienteri- spetto al nepotismo che c’è in Regione», sbotta un consiglie- re anonimamente indignato. Ed ecco, allora, i nomi della «parentopoli» pie- montese. La figlia del leghista Carossa lavoranellasegrete- ria del governatore Cota. La moglie del- l’assessore Ravello lavoravanellasegre- teria dell’assessore Casoni. La sorella del consigliere Toselli lavora al gruppo del Popolo della Libertà, dove divide l’ufficio con la figlia del consigliere Ro- sanna Costa. Anche il consigliere Giovi- nehapiazzatolasorella.Cisonopoi,se- condoibeneinformati,giridifidanzate, parenti di secondo grado, amici e affini. Chi non manca di sicuro è Maurizio Lu- pi. Ancora lui. L’uomo che ha inventato duepartiticonnomicheeranounchiaro programma di serietà, come «l’Orsetto che ride» e «L’ambientalista W.W.F.F». Ebbene, al telefono Lupi risponde affa- bile: «Sì, faccio lavorare mia moglie con me. Ma prende 1200 euro al mese, non mi sembra uno stipendio tanto ambito. Sì, faccio lavorare i miei due fratelli con me,maprendonoanchemeno.Sì,faccio lavorare anche mia figlia. Ma è la legge regionalecheciobbligaaprendereper- sone di assoluta fiducia. Altrimenti si dovrebbe indire un bando pubblico». Lupi,perinciso,èanchequellofotogra- fatonel2010,inpienacampagnaeletto- rale,allafestapericinquant’annidiLe- le Mora in una discoteca di Ivrea: «Che male c’è? Ho scambiato due parole con le ragazze presenti, non capisco dove siailproblema.Ingenerenonfacciovi- tanotturna.Voistateparlandoconuna persona che fa volontariato con gli an- ziani in palestra». Ed ecco lo spunto per tracciare un breve curriculum di Lupi stesso, attingendo a piene mani dal suo profilo Facebook scritto in ter- za persona: «Capricorno. Passa gran parte del suo tempo collezionando po- ster di Alex Del Piero. Docente di edu- cazione fisica e scienze motorie, tra- scorreleserateinsegnandoinunadelle peggiori palestre della capitale sabau- da. Fondatore dei Verdi Verdi. Se il ra- gazzo si impegnasse potrebbe fare di più…».Oddio.Macosac’entranoiVerdi e le tematiche ambientaliste con la sua storia personale? «Ho lavorato a lungo in una ditta di pellicce ecologiche». Verrebbelatentazionediarrendersi.E invece no: Lupi, per favore, può dirci dove ha viaggiato tutto agosto 2011, considerati i rimborsi da lei richiesti? Risulterebbe una partecipazione alla sagradellaranadiVercelliecinqueallo stesso spettacolo sulla Resistenza. «Di sicurosonostatoalfortediFenestrelle, poi a Macugnaga, una volta a Borgo Ratto Alessandrino». Ma a fare cosa, Lupi, a fare cosa? «Ragazzi, scherzia- mo? Non posso mica ricordarmi tutto. Però è ora di cambiare. Voterò a favore dell’abolizione delle autocertificazioni. Nondicochesonopentito,ma…».

Bocchino: “Frattini tramò per Berlusconi contro Fini IL CAIMANO MI CHIESE DI CANDIDARE LAVITOLA IN CAMBIO DEI FAVORI RICEVUTI


Fatto Quotidiano 30/09/2012 i Antorio Massari attualità
A Palazzo Grazioli funziona così: c’è la gara a chi è più realista del re. E anche Fran- co Frattini, nella vicenda Fi- ni-Montecarlo, un certo lavorio l’ha fatto…”. A puntare il dito sul- l’ex ministro degli Esteri, è Italo Bocchino, parlamentare Fli, fe- delissimo di Gianfranco Fini, che fu il primo a denunciare un nesso tra Valter Lavitola e Silvio Berlu- sconi nel “dossiera ggio” c o n t ro il presidente della Camera. La conferma arriva dallo stesso La- vitola che in una lettera –indir iz- zata al Cavaliere e mai spedita – scrive di aver ricevuto 500 mila euro, da Berlusconi,per recupe- rare documenti dallo Stato di Santa Lucia. Bocchino, lei parlò subito di un coinvolgimento di Berlu- sconi: com’è andata? Io e Fini fummo avvisati di una trattativa in corso tra Lavitola e Martinelli. All’inizio pensammo che la nostra fonte si riferisse a Marco Martinelli, parlamentare del Pdl, poi capimmo che si trat- tava di Ricardo Martinelli, presi- dente della Repubblica pana- mense. Inoltre avevamo saputo che Berlusconi, in una riunione con i suoi fedelissimi, aveva an- nunciato che sarebbe entrato in possesso di nuovi documenti: carte che avrebbero costretto Fi- ni alle dimissioni. E in quei giorni arriva la lette- ra, firmata dal ministro della Giustizia di Santa Lucia, dove si dichiara che la società off shore, proprietaria dell’ap- partamento monegasco – ereditato da An e abitato dal cognato di Fini –è riconduci- bile proprio a Giancarlo Tul- liani. La pubblica Lavitola su l’Av a n t i ! e lei denuncia che è un falso e parla di macchina del fango. Perché? Si tratta di un falso ideologico. La lettera era vera. Il contenuto era falso.Il ministro–secondo me– prende soldi per scrivere il falso. Guarda caso,dopo pochigiorni, si dimette dal governo. E in que- sta vicenda abbiamo notizie pre- cise anche sul coinvolgimento di Frattini. Lo denunciai subito: Frattini ebbe un incontro riserva- to, a New York, con il capo del governo di Santa Lucia, per otte- nere ulteriore documentazione. L’incontro fu organizzato e favo- rito da Lavitola. Chi l’av v i s ò ? Fummo avvisati dalle stesse fonti che ci parlarono della trattativa in corso tra Lavitola e Martinelli. Servizi segreti? Le fonti vanno tutelate. Perché vi fornivano queste notizie? Perché era in corso un’o g ge t t i va attività anti istituzionale. Hanno parlato direttamente con lei? O anche con Fini? Guardi, comeè andatalo sappia- mo soltanto io e Fini. Non lo sa- prà mai una terza persona. Posso dirlechesiamo statiinformatidi un’attività anti-istituzionale, anti italiana,e immaginoche lafonte l’abbia fatto per tutelare l’inte – resse nazionale. Oggi c’è un dato oggettivo:un signoreincarcere, per corruzione internazionale, mette nero su bianco, con una lettera, che il presidente Berlu- sconi gli ha dato dei soldi per l’o- perazione Fini, Santa Lucia, Mon- tecarlo. E che nell’operazione – diretta a delegittimare la terza ca- rica dello Stato – è coinvolto il presidente di Panama. Nella lettera, Lavitola, parla anche della compravendita dei senatori di centrosinistra per far cadere il governo Pro- di nel 2008: la vostra fonte, di questo, non disse nulla? Sulla compravendita dei senato- ri io ne so quanto lei. Non ha mai avuto il dubbio che ci fosse qualcosa di stra- no? No. La manovra però vi consentì di tornare al governo. Sapeva che Berlusconi s’era affidato a Lavitola anche per questa vicenda? So per certo che Berlusconi si af- fidò a Lavitola, per quella che il Cavaliere definiva ‘operazione li- ber tà’, cioè il ribaltamento del governo Prodi, ma non so quali mezzi abbia usato. Di Lavitola ho saputo in occasione delle elezio- ni europee quando Berlusconi mi chiese di candidarlo. Il sospetto che Berlusconi po- tesse comprare dei senatori, l’ha mai avuto? Mah. (Sospira, ci pensa). No. Lavitola fu coinvolto nella “operazione libertà”? Berlusconi mi chiese di inserirlo nella lista dei candidati per le ele- ioni europee e mi spiegò la mo- tivazione: Lavitola l’aveva aiuta- to nell’’ operazione libertà’. Lo chiamai, per annunciargli la can- didatura, ma rifiutò. Lavitola scrive, nella lettera, che tra i debiti non onorati da Berlusconi, c’è anche la can- didatura alle europee. ÈLavitola arifiutare. Mioccupai personalmente delle liste al Sud. Non era interessato a una com- petizione con le preferenze. Cre- do che volesse qualcosa di più concreto d’unacandidatura, ma è una mia sensazione. Ha parlato spesso di macchi- na del fango. Pensa che fun- zioni ancora? È molto meno efficace. Berlu- sconi è più debole e lo sono an- che i suoi giornali. Ha anche detto d’essere stato pedinato: c’è un nesso con lo scontro politico Fini-Berlu- sconi? L’episodioèstato appuratoes’è scoperto che nei Servizi agiva una struttura che non doveva esistere, denominata Diparti- mento Operazioni Speciali, che infatti è stata sciolta. Secondo me, il nesso con lo scontro po- litico Fini-Berlusconi, c’è. E do- po quest’episodio, arriva l’ope – razione Lavitola a Santa Lucia. Cosa direbbe oggi a Berlusco- ni? Un uomo di 40 anni non può prendersela con chi ne ha 76… Berlusconi non è più a Palazzo Chigi, e non ci tornerà mai più nella sua vita…

QUANDO FORZA ITALIA C H I E D E VA CANDIDATI PULITINel 1994 Berlusconi faceva giurareagli aspiranti: “Non sono indagato”


Fatto Quotidiano 30/09/2012 di Marco Travaglio attualità segue dalla prima
O ggi pare incredibile, ma Berlusconi fece firmare agli aspiranti candidati di Forza Italia una di- chiarazione scritta e giurata che recitava: “Dichiaro: 1) di non avere carichi pendenti; 2) di non avere ricevuto avvisi di garanzia; 3) di non essere stato e di non essere sottopo- sto a misure di prevenzione e di non essere a conoscenza dell’esistenza a mio carico di procedimenti in corso”. E analogo impegno pretesero dai propri candidati la neona- ta Alleanza nazionale, i Pro- gressisti e il Ppi-Patto Segni. Infatti gli unici partiti con i vertici indagati furono la Lega Nord (con Bossi coinvolto nella maxi-tangente Enimont) e il Pds (con il segretario Achille Occhetto e il vicese- gretario Massimo D’Alema in- quisiti a Roma, assieme al te- soriere Marcello Stefanini, perché denunciati da Craxi e in seguito archiviati). 1996, le prime macchie. La legislatura dell’Ulivo, nata dalle elezioni del 1996 vinte da Romano Prodi, inizia sull’onda dello scandalo “toghe spor- ch e ”, scoperchiato grazie alle rivelazioni di Stefania Ariosto: Berlusconi, già imputato per corruzione della Guardia di fi- nanza, per i falsi in bilancio All Iberian e per i finanziamenti illeciti a Craxi, è indagato in- sieme a Previti per corruzione giudiziaria (casi Sme e Monda- dori). Anche Antonio Di Pietro è imputato a Brescia in varie inchieste nate dalle denunce di molti suoi imputati: per que- sto non si candida (verrà pro- sciolto solo a campagna elet- torale inoltrata e sarà nomina- to da Prodi ministro tecnico dei Lavori pubblici). Il Cavalie- re invece sì e porta in Parla- mento il suo coindagato Pre- viti; il suo coimputato Massi- mo Maria Berruti (favoreggia- mento nel processo Gdf); e persino Marcello Dell’Utr i, che nel ’94 ha preferito restare in azienda, ma nel ’95 è stato arrestato a Torino per frode fi- scale e false fatture nell’inda- gine Publitalia (sarà poi con- dannato in via definitiva a 2 an- ni e mezzo), ed è pure inda- gato a Palermo per mafia. “Ho deciso di candidare Berruti per salvarlo dalla persecuzio- ne dei giudici”, annuncia B. A Milano la Lega Nord affigge manifesti con i volti di Dell’U- tri e Berruti: “Votateci, se no ci ar restano”. Così, diversamen- te dal 1994, nelle liste del Polo e dell’Ulivo figurano indagati e addirittura condannati (uno definitivo, Vittorio Sgarbi, per truffa allo Stato, in particolare al ministero dei Beni culturali: infatti viene subito nominato sottosegretario ai Beni cultura- li). Nell’Ulivo sono inquisiti Prodi (a Roma, per abuso d’uf- ficio nell’affare Cirio, poi chiu- so col proscioglimento dinan- zi al gip); D’Alema e Occhetto (indagati a Venezia per finan- ziamento illecito dal pm Nor- dio, inchiesta poi finita nel nul- la); Ciriaco De Mita (vecchi processi di Tangentopoli poi chiusi con assoluzioni e pre- scrizioni); e Giorgio La Malfa (condannato per Enimont). Condannato, sempre per Eni- mont, anche Bossi, ora impu- tato per istigazione a delinque- re. Ma si tratta ancora di ec- cezioni, qualitativamente de- cisive, ma statisticamente mar- g inali. 2001, arrivano le caval- lette. Le elezioni del 2001, che non a caso segnano il ri- torno trionfale del Caimano, portano in Parlamento l’i nva – sione delle cavallette. Un’o rd a trasversale di condannati, im- putati, inquisiti e prescritti: una novantina in tutto, quasi un eletto su 10. Pressoché tutti candidati in collegi sicuri. Nel centrodestra, oltre alle confer- me di B., Previti, Dell’Utri, Bos- si, La Malfa, Berruti e Sgarbi, si aggiungono i neo-indagati Ga- spare Giudice, Giuseppe Firra- rello, Aldo Brancher, Giampie- ro Cantoni, Romano Comin- cioli; e i pregiudicati di ritorno Antonio Del Pennino, Egidio Sterpa, Alfredo Vito e Gianste- fano Frigerio. Quest’ultimo lo arrestano il primo giorno di le- gislatura: deve scontare 6 anni e 8 mesi. Otterrà l’af fidamento al servizio sociale e deciderà di scontarlo a Montecitorio, indi- cando come “attività social- mente utile” quella di parla- mentare e trasformando così la Camera in una comunità di recupero per devianti. Per non esser da meno, anche il cen- trosinistra porta due pregiudi- cati: Enzo Carra e Auguste Rol- landin. Più una serie di inda- gati e imputati. 2006, condannati e no- m i n at i . Nel 2006, anno del ritorno di Prodi, si vota per la prima volta col Porcellum: le segreterie dei partiti si nomi- nano i parlamentari più gradi- ti. Condannati e inquisiti in primis. Solo tre liste aderisco- no alla campagna di Beppe Grillo “Parlamento pulito”: Idv (che entra per la prima vol- ta in Parlamento), Verdi e Pdci. Pier Ferdinando Casini pro- mette: “A parte Cuffaro, in Si- cilia non ricandideremo nes- sun inquisito”. Poi candida, ol- tre a Totò Cuffaro (imputato per favoreggiamento alla ma- fia), Giuseppe Drago, ex pre- sidente della Regione, con- dannato in primo grado per peculato e abuso per aver svuotato la cassa dei fondi ri- servati (230 milioni di lire); Ca- logero Mannino, imputato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa (sarà poi assolto); e Francesco Save- rio Romano, indagato per lo stesso reato (anche lui poi as- solto). Così anche nella XV le- gislatura le quote marron sfio- rano il 10% del Parlamento: la solita novantina di personaggi nei guai con la giustizia. Svet- tano ben 21 pregiudicati: Ber- ruti (FI, favoreggiamento), Biondi (FI, evasione fiscale poi depenalizzata), Bossi (Ln, fi- nanziamento illecito e istiga- QUANDO FORZA ITALIA C H I E D E VA CANDIDATI PULITI Nel 1994 Berlusconi faceva giurare agli aspiranti: “Non sono indagato” zione a delinquere), Cantoni (FI, corruzione e bancarotta); Carra (Dl, falsa testimonian- za), Cirino Pomicino (Nuova Dc, corruzione e finanziamen- to illecito), De Angelis (An, banda armata e associazione sovversiva), D’Elia (Rosa nel pugno, banda armata e con- corso in omicidio), Dell’Utr i (FI, false fatture, falso in bilan- cio, frode fiscale), Del Penni- no (FI, finanziamento illecito), Daniele Farina (Prc, fabbrica- zione, detenzione e porto abu- sivo di ordigni esplosivi, resi- stenza a pubblico ufficiale, le- sioni personali gravi e inosser- vanza degli ordini dell’autor i- tà), Jannuzzi (FI, diffamazione aggravata); La Malfa (FI, illeci- to finanziamento), Maroni (Ln, resistenza a pubblico uf- MANI SPORCHE 100 PA R L A M E N TA R I TRA INDAGATI, CONDANNATI E PRESCRITTI 60 DI LORO SONO ESPONENTI DEL SOLO PDL 29 I CONDANNATI 5 DEI QUALI DALLA CORTE DEI CONTI ficiale); Mauro (FI, diffamazio- ne aggravata); Nania (An, le- sioni volontarie personali); Previti (FI, corruzione giudi- ziaria, poi dichiarato interdet- to dai pubblici uffici e deca- duto); Sterpa (FI, finanziamen- to illecito); Tomassini (FI, falso in atto pubblico); Visco (Ds, abuso edilizio); Alfredo Vito (FI, corruzione). Alcuni fanno carriera. D’Elia diventa segre- tario della presidenza della Ca- mera. Farina vicepresidente della commissione Giustizia. Pomicino e Vito entrano in An- t i m a fi a . 2008, la carica dei 126. Nel 2008 B. torna al governo per la terza volta. Stabile la per- centuale di quote marron: una novantina di clienti di procure e tribunali, che nel corso della legislatura saliranno a 126. I pregiudicati, all’inizio, sono 19. Ai soliti Berruti, Bossi, Can- toni, Carra, De Angelis, Dell’U- tri, La Malfa, Maroni, Nania, Sciascia, Tomassini, si aggiun- gono alcune pregevoli new en- tr y: Giulio Camber (Pdl, millan- tato credito), Giuseppe Ciarra- pico (Pdl, ricettazione falli- mentare, bancarotta fraudo- lenta, sfruttamento del lavoro minorile, truffa pluriaggrava- ta), Renato Farina (Pdl, favo- reggiamento in sequestro di persona), Antonio Papania (Pd, abuso d’ufficio), Giusep- pe Naro (Udc, abuso d’uf ficio) e Salvatore Sciascia (Pdl, cor- ruzione). Anche nel governo siede una folta rappresentanza di quote marron, con 10 ele- menti di spicco: il premier B. (imputato di una variopinta se- rie di delitti); i ministri Maroni (pregiudicato: Interni), Bossi (pregiudicato: Riforme istitu- zionali), Matteoli (imputato per favoreggiamento: Infra- strutture), Fitto (imputato per corruzione, finanziamento il- lecito, turbativa d’asta e inte- resse privato: Affari regionali), Calderoli (ricettazione, poi prosciolto: Semplificazione), cui si aggiungeranno Brancher (imputato di ricettazione e ap- propriazione indebita: Devo- lution) e Romano (indagato per mafia e poi assolto: Agri- coltura); e i sottosegretari Gianni Letta (indagato per abuso d’ufficio, truffa e turba- tiva d’asta, poi in parte pro- sciolto) e Cosentino (indagato per concorso esterno in ca- morra). Tutte nomine che por- tano la firma del presidente Napolitano. Lo stesso presi- dente che non fa un plissé quando viene indagato per fro- de fiscale Corrado Passera, su- perministro dello Sviluppo economico e di tante altre co- se, e viene rinviato a giudizio per truffa Adelfio Elio Cardina- le, sottosegretario alla Salute. Lo stesso presidente che ora cade dal pero. Si meraviglia perché il Parlamento non ap- prova la legge anticorruzione. E s’indigna per gli ultimi “fe – nomeni di corruzione vergo- gnosi e inimmaginabili”. Roba da non credere, eh?

Quote marron di Marco Travaglio 30 settembre 2012

TRAPPOLA DERIVATI UNICREDIT FINISCE IN TRIBUNALE Imprese in crisi nella spirale dei titoli tossici. Crac e processi


Fatto Quotidiano 29/09/2012 di Vittorio Malagutti attualità
Milano S pacciatori di derivati, di prodotti finanziari ad alto rischio venduti come toc- casana per i bilanci di aziende già in difficoltà e infi- ne rivelatisi vere e proprie trappole per gli imprenditori coinvolti. E’ questa l’accusa che ha portato alla sbarra in veste di imputati decine di di- rigenti Unicredit da un capo all’altro della Penisola. Da Bari ad Acqui Terme in Piemonte e ora anche a Roma con la vicen- da Balloon, la grande banca ora guidata da Federico Ghiz- zoni è costretta a a fare i conti (in tribunale) con l’eredità del- la passata gestione, quella di Alessandro Profumo, l’ex am- ministratore delegatoda mag- gio al vertice del Monte dei Pa- schi di Siena. Non bastassero le perdite miliardarie in bilan- cio e i guai per le presunte ir- regolarità fiscali sotto inchie- sta penale a Milano, adesso tornano attualità le storie di imprenditori spennati (que- sta è l’accusa) dai banchieri con la divisa di Unicredit. PROPRIO IERI, a Bari, nel- l’udienza del processo per il ca- so Divania, forse il più impor- tante per le somme in gioco, il giudice ha ammesso come par- te civile l’associazione per la di- fesa dei consumatori Adusbef. Estorsione e truffa, questi i rea- ti ipotizzati dalla procura pu- gliese nei confronti di una ven- tina di banchieri e bancari: semplici funzionari locali, ma anche un paio di top manager al vertice di Unicredit banca mobiliare, il braccio operativo del gruppo creditizio per la fi- nanza aziendale. Divania non c’è più. E’ fallita nel giugno dell’anno scorso travolta dai debiti e dalle per- dite dopo aver licenziato gli ol- tre 400 dipendenti di quella che era una delle più importan- ti aziende del cosiddetto di- stretto del mobile imbottito pugliese. Un distretto da tem- po in grave crisi per effetto so- prattutto della concorrenza asiatica. I problemi sul fronte commer- ciale però non bastano da soli a Pesante eredità della gestione P ro f u m o P ro c e d i m e n t i in corso a Bari, in Piemonte e a Roma spiegare il crac di Divania. La pensa così il proprietario Fran- cesco Saverio Parisi che ha de- nunciato le manovre a suo dire truffaldine di Unicredit. In so- stanza, i banchieri lo avrebbe- ro indotto a comprare prodotti finanziari ad alto rischio senza informarlo in modo completo sulle possibili perdite, legate a questi titoli in gergo definiti de- r ivati. E così è andata a finire che stru- menti venduti come fossero una sorta di paracadute per i ri- schi, ad esempio, di repentine variazioni dei tassi d’interessi, hanno provocato perdite che hanno aggravato la già precaria situazione aziendale. Parisi ha chiesto un risarcimento di o tre 200 milioni, ma nei mesi scorsi una consulenza tecnica ha quantificato in una somma compresa tra 15 e 20 milioni le perdite legate ai derivati. Le udienze civili sono in calen- dario nei prossimi mesi, ma in- tanto è arrivato in aula anche il processo penale. Oltre alla truffa, cioè la vendita di pro- dotti speculativi ad alto rischio camuffati da strumenti di co- pertura, la procura barese ha contestato anche l’estorsione perchè nel 2005 Unicredit avrebbe di fatto costretto l’im- prenditore, già con l’acqua alla gola per via delle perdite, a sti- pulare un nuovo accordo con cui si impegnava a versare 4,5 milioni alla banca, a saldo delle perdite causate dai derivati speculativi. UNICREDIT ha sempre re- spinto tutte le accuse. Nessun comportamento scorretto e, ovviamente, nessuna truffa. Questa la posizione dell’istitu- to di credito che non ha man- cato di sottolineare come Diva- nia fosse già in grave difficoltà a prescindere dalle operazioni speculative. Come dire che l’imprenditore avrebbe cerca- to di scaricare sulla banca la re- sponsabilità di una crisi che aveva poco a che fare con i de- r ivati. Una storia molto simile è anda- ta in scena in un paese della provincia di Alessandria, Bista- gno. L’imprenditrice Piera Le- vo, titolare della Nuova BB (materiale idraulico) si è trova- ta a pagare decine di migliaia di euro per coprire le perdite le- gate a prodotti di copertura sul rischio tassi venduti da Unicre- dit. E per far fronte a questi im- pegni è stata costretta a chie- dere prestiti a tassi molto ele- vati, fino al 29 per cento secon- do la denuncia, alla stessa ban- ca. Somme non elevatissime, decine di migliaia di euro, suf- ficenti però a mettere in crisi una piccola azienda come la Nuova BB. Per uscire dalla trap- pola alla fine l’imprenditrice piemontese si è decisa a far causa a Unicredit, denuncian- do anchel’istituto allaprocura della repubblica di Acqui Ter- me. Messo alle strette, il gruppo bancario ha preferito chiudere la vicenda con una transazio- ne, accettata dalla signora Le- vo, che ha anche rimesso lq querela. L’inchiesta penale pe- rò è proseguita. L’accusa nei confronti di due funzionari di Unicredit è quella di usura.

LA PROVA DEL GOLPE – E’ stata la troika ( la testimonianza del Senatore Garavaglia di cosa è accaduto all’insediamento di Monti)

da Byoblu

Fu un golpe, dunque, ad ascoltare Garavaglia. Un golpe economico-finanziario, come l’abbiamo sempre chiamato. Questo non cambierà la visione delle cose per quanti ritengono che siamo stati “cattivi” e che dovremmo consegnarci mani e piedi ai “buoni”. Per costoro, che evidentemente non hanno la benché minima consapevolezza di cosa significa essere stati “acquistati” in blocco, non cambierà niente.

Per tutti gli altri, il racconto di Garavaglia lascia finalmente filatrare un raggio di luce sui loro incubi peggiori: quelli che urlavano al vento. Sotto il peso del ricatto, o forse complici, i media hanno ricevuto l’ordine di fare “propaganda”, una tecnica nata nei circoli viennesi di inizio secolo scorso e che ha visto le sue prime applicazioni di successo sui giovani militari analfabeti al fronte, durante la prima guerra mondiale. Al grido di “Fate presto” hanno costruito un’opinione pubblica favorevole, ottenuta con la paura, e hanno taciuto, e ancora continuno a farlo, la gravità di quanto accaduto, nascondendo la polvere sotto a concetti di economia che sarebbero sbugiardati da qualsiasi economista fuori dal club dei collaborazionisti, se solo avessero accesso all’informazione.

Mario Monti disse che in Italia la troika non aveva avuto bisogno di intervenire, disse – felicitandosene – che eravamo dunque stati fortunati. Io dissi che la troika non era intervenuta formalmente, ma solo perché non ce n’era stato bisogno: la troika era lui stesso. Questa testimonianza finalmente lo mette in evidenza. Poi iniziò la stagione dei tagli, del Mes, dello smantellamento del welfare e delle tutele dei lavoratori. Si cominciò a vendere. E siamo solo all’inizio.

Unica domanda: Garavaglia è stato ospite all’Ultima Parola, il 15 settembre scorso: perché queste cose non le ha dette? Perché le dice in un convegno, davanti a poche persone, e tace in televisione, di fronte all’Italia

I pm: associazione a delinquere per spartirsi i fondi del Lazio (Fulvio Fiano).

I pm: associazione a delinquere per spartirsi i fondi del Lazio (Fulvio Fiano)..