Archivi Blog

Piemonte, Radicali annunciano ricorso contro il doppio incarico di Cota

corel
Fatto Quotidiano di Andrea Giambartolomei | 22 marzo 2013 attualità
Manterrà due cariche. Il presidente della Regione Piemonte, il leghista Roberto Cota, è tornato tra gli scranni della Camera ma continuerà, almeno per ora, a fare il governatore, per non perdersi alcuni passaggi importanti di questo Parlamento. Solo che Cota è incompatibile, come sancisce l’articolo 122 della Costituzione: “Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento”. “Farà come sta facendo Nichi Vendola”, ribatte il suo portavoce.

I radicali piemontesi però porranno la questione ai giudici. Il presidente dei Radicali italiani Silvio Viale e Giulio Manfredi dell’associazione Adelaide Aglietta hanno annunciato che gli avvocati ricorreranno al tribunale ordinario: “I cittadini piemontesi attendevano dal presidente Cota una scelta secca e precisa. Questa scelta non c’è stata. Ne prendiamo atto e, come nel 2010, abbiamo chiesto al nostro pool legale di predisporre la cosiddetta ‘azione popolare’”. Si tratta di un ricorso dei cittadini elettori per fare sancire l’incompatibilità fra le cariche. Lo fecero pure quando gli allora deputati leghisti Cota e Gianluca Buonanno vennero eletti consiglieri regionali mantenendo tutti gli incarichi per qualche tempo. “Entro un mese Cota sarà costretto a scegliere se rimanere a guidare il Piemonte – affermano Viale e Manfredi – o andare a fare il deputato magari solo per due o sei mesi, visto il grande rischio di elezioni a giugno o in autunno”.

Entrambe le poltrone di Cota sono instabili. Se la poltrona di Roma traballa per lui come per tutti gli altri parlamentari, quella da governatore non è salda. Il 7 luglio prossimo i giudici della Corte di Cassazione si riuniranno per decidere in maniera definitiva sul caso delle firme false delle liste “Pensionati per Cota” di Michele Giovine, consigliere regionalecondannato in primo grado e in appello e poi sospeso dal governo. Quelle liste irregolari hanno permesso a Cota di avere 27mila voti con cui battere Mercedes Bresso nel 2010. Se la condanna diventerà definitiva il Tar del Piemonte dovrà tornare a decidere sulle elezioni e a questo punto, certificata in via penale la falsità delle firme, potrebbe annullare le regionali del 2010, spingere verso un nuovo voto o nominare presidente il secondo classificato. In tal caso tenere il seggio alla Camera sarebbe un modo per garantirsi un salvagente.

Però Cota – afferma il suo portavoce – ha già deciso che lascerà Roma dopo alcuni appuntamenti importanti per il nuovo Parlamento, ad esempio la votazione del presidente della Repubblica. Poi farà solo il presidente. Per ora, con i due incarichi, ha deciso di rinunciare allo stipendio da governatore, come ha scritto agli uffici della Regione Piemonte: preferisce incassare la retribuzione da deputato per non gravare sulle finanze di una regione sull’orlo del tracollo.

Nel frattempo, dopo le dimissioni dell’assessore indagato Massimo Giordano e quelle dell’assessore alla Sanità Paolo Monferino (ex manager Fiat in rotta con i partiti che hanno frenato il suo piano) mercoledì mattina Cota ha fatto un rimpasto “per ridare slancio all’azione della Giunta, slancio di cui abbiamo bisogno per portare a termine la legislatura”. Con quattro nuovi innesti a molti osservatori è sembrata una mossa per dare nuovi equilibri ai partiti di maggioranza: da una parte c’è la Lega indebolita alle ultime elezioni (dal 16,7% del 2010 al 4,9% del 2013), dall’altra due gruppi fuoriusciti dal Pdl: Progett’azione e Fratelli d’Italia. Secondo Cota i nuovi assessori sono i “migliori della classe politica piemontese”. “La Regione è in una situazione difficile, ma c’è ottimismo”, ha ammesso lo stesso governatore.

“LA CHIESA PAGA Il commento di Staderini (Radicali)Soddisfatti per l’Ici. Ora però censire gli immobili

Fatto Quotidiano 26/02/2012 di Caterina Perniconi
Per vedere l’emendamento approvato alla Camera c’è da aspettare fino a martedì, ma
ormai l’applicazione dell’Imu agli immobili della Chiesa sembra essere una decisione definitiva del governo Monti. “Ci accusavano di essere bugiardi, di affamare le parrocchie – spiega il segretario Radicale, Mario Staderini – invece l’Europa prima e l’esecutivo oggi confermano che la legge va cambiata e che avevano torto il cardinal Tarcisio Bertone e il giornale dei vescovi Av v e n i re a dire che la Chiesa pagava già l’Ici”. La battaglia storica del partito di Pannella sembra giunta all’epilogo e aver stabilito il vincitore. Ma sulla resa c’è ancora molto da trattare. “Monti ha recepito una mozione parlamentare dei Radicali. É una nostra vittoria, ma ora ci mettono di fronte a una prova diabolica – con tinua Staderini – il decreto stabilirà cosa s’in tende con ‘modalità non commerciali’, ma poi bisognerà fidarsi delle autodichiarazioni perché non si possono pretendere verifiche su centinaia di migliaia di immobili da parte dei c o mu n i ”. Come si può risolvere questo problema? “Con un censimento di tutte le proprietà degli enti ecclesiastici, procedura alla quale il Vaticano si è sempre opposto. E l’obbligo di dichiarare l’esenzione, comprovandone la ragione. Oggi chi ritiene di essere esente non deve fare nemmeno dichiararlo”.
LE FRIZIONI sulle modalità di applicazione della tassa sono molte. “Le lobby politiche cattoliche che fanno riferimento ai comparti Istruzione e Sanità ora spingono affinché scuole e ospedali siano esenti – spiega Staderini – ma se la legge va cambiata non si può lasciare tutto com’è adesso. Mi aspetterei qualcosa di più da quello che già oggi dice la circolare del ministero del 26 gennaio 2009, cioè che le scuole parificate e gli ospedali conven-
Mario Staderinizionati con le Regioni non pagano la tassa. Perché lo Stato fa già molto: dall’epoca del governo D’Alema le scuole private prendono soldi pubblici nonostante la Costituzione non lo preveda”. Come dovrebbero cambiare allora le cose? “Questo non devo spiegarglielo io ai tecnici, una soluzione la devono trovare loro”. Ieri è intervenuto il sottosegretario allo Sviluppo, Guido Improta, per provare a lenire le polemiche: “Sull’introduzione dell’Ici per gli im-
mobili della Chiesa non si sono registrate particolari criticità. Su alcuni punti l’intesa è stata raggiunta e si sta definendo il testo”. I Radicali non sono pienamente soddisfatti ma giudicano l’iniziativa dell’ese cutivo “un importante passo ava n t i ”. L’Unione Europea potrebbe archiviare la procedura d’infrazione se riterrà adeguati i provvedimenti di Monti, ma anche su questo punto per Staderini c’è un problema: “Se venissero archiviati gli anni precedenti sarebbe un torto nei confronti di tutti quegli italiani che pagano l’Ici da sempre. Vedremo se l’Ue metterà la testa sotto la sabbia”.
LA BATTAGLIA radicale però non si ferma qui. “L’Ici è stato un semplice regalo ‘fuori busta’ che fece Silvio Berlusconi e che Romano Prodi confermò – conclude Staderini – la vera questione è rivedere il sistema di finanziamento delle confessioni religiose e quindi superare i privilegi scritti nel Concordato. É giunto il momento che le chiese, al pari dei partiti, si finanzino con le donazioni dei fedeli anzichè con le tasse dei cittadini. In ogni caso, non è pensabile lasciare così com’è un meccanismo come l’otto per mille, che costringe i cittadini a finanziare le chiese anche contro la loro volontà e che ha raggiunto costi enormi per i contribuenti. Dai 200 milioni del 1990 si è passati a 1 miliardo di euro l’anno scorso, cifra incompatibile con la situazione economica del Paese. Ho scritto a Monti perchè intervenga anche su questo tema al più p re s t o ”.