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Mafia, Grasso nomina il senatore sotto processo
Da Il Fatto Quotidiano del 13/04/2013 Giuseppe lo bianco attualità
ANTONIO D’ALÌ (PDL) È ACCUSATO DI CONCORSO ESTERNO: CONFERMATO A RAPPRESENTARE L’ITALIA A BRUXELLES.
Palermo- La nomina non l’ha colto di sorpresa e aveva probabilmente le valigie pronte visto che da ieri il senatore Antonio D’Alì (Pdl), imputato a Palermo di concorso esterno in associazione mafiosa, è a Bruxelles a rappresentare il Parlamento italiano in seno all’Apem, l’Assemblea Parlamentare Euro Mediterranea riunita stamane in seduta plenaria dopo le riunioni di commissione svolte ieri. D’Alì è stato confermato nell’organismo parlamentare europeo dal presidente del Senato Pietro Grasso, che ha raccolto un’indicazione del gruppo parlamentare del Pdl. Senza alcun imbarazzo da Palazzo Madama fanno sapere che la nomina è solo una ‘’presa d’atto’’ e che il potere discrezionale del Presidente è pari a zero, ma in realtà la decisione finale spetta proprio all’ex Procuratore nazionale antimafia, che ha liberamente scelto di mandare in Europa a rappresentare le Camere un senatore imputato di concorso esterno alla mafia. “Mentre ci affanniamo a esportare il meglio della legislazione antimafia italiana attraverso l’armonizzazione di 27 sistemi giudiziari negli Stati membri, cercando di sensibilizzarli sulla presenza e sulla pericolosità mafiosa anche nei loro territori, il segnale che arriva dall’Italia è quantomeno inopportuno – dice Sonia Alfano, presidente della Commissione antimafia europea – visto il coinvolgimento del senatore D’Alì in accuse legate alla criminalità organizzata e visto che l’Apem raccoglie numerosi paesi del partenariato euromediterraneo che da oggi rischiano di avere dell’Italia un’immagine diversa da quella che noi cerchiamo con fatica di costruire ogni giorno”. Oltre a D’Alì, nell’Apem sono stati nominati altri due parlamentari italiani, un senatore, sempre da Grasso, e un deputato, su indicazione di Laura Boldrini. E se la riunione plenaria dell’Assemblea si svolge una volta l’anno, le riunioni delle commissioni e dell’ufficio di presidenza sono più frequenti e D’Alì dovrà dividersi tra Bruxelles e l’aula del Tribunale di Palermo dov’è processato con il rito abbreviato dal gup Giovanni Francolini: prossima udienza il 4 maggio, per la requisitoria del pm. Una decina di pentiti lo accusano di avere avuto (e alcuni di avere ancora) rapporti con la famiglia del boss latitante Matteo Messina Denaro, l’ultimo degli stragisti di Cosa Nostra ancora latitante. Una proprietà in comune con i boss, il “baglio” sui terreni di Zangara, dove secondo il pentito Giovanni Ingrasciotta D’Alì incontrò nel ’94 proprio Matteo Messina Denaro, il “pieno sostegno elettorale di Cosa Nostra trapanese”, come ha detto l’imprenditore Nino Birrittella, e perfino l’intercessione del senatore che alla fine degli anni 80 avrebbe salvato la vita a Salvatore D’Ambra, titolare di una finanziaria che ha truffato diverse famiglie del Trapanese, fra cui anche i Messina Denaro: solo grazie all’intervento di D’Alì, ha sostenuto Ingrasciotta, la storia non sfociò in una sanguinosa vendetta
Il falso Grasso (Marco Travaglio).
Da Il Fatto Quotidiano del 23/03/2013 Marco travaglio attualità.
Giuro che l’altra sera, quando Piero Grasso ha telefonato in diretta a Servizio Pubblico per sfidarmi a duello, ho pensato allo scherzo di un imitatore. Tipo quello di Paolo Guzzanti che chiamò Arbore con la voce di Pertini. O a quello dei monelli de La Zanzara che hanno intortato due grilli dissidenti spacciandosi per Vendola. Invece pare che fosse proprio lui, il presidente del Senato, seconda carica dello Stato, forse mal consigliato in famiglia. Altrimenti non avrebbe chiamato come un Masi qualunque (Masi almeno il programma lo stava seguendo, Grasso invece no) per lamentarsi del fatto che si parlasse male di lui in sua assenza. Sono decenni che in tv, sui giornali e nei palazzi si parla di lui, quasi sempre in sua assenza (nemmeno un santo come lui ha ancora il dono dell’ubiquità): solo che se ne parlava sempre bene. Grasso infatti è il magistrato più fortunato d’Italia. Per vent’anni, qualunque pm s’imbattesse in un indagato eccellente veniva massacrato, ricusato, trasferito, punito, insultato, vilipeso, calunniato, spiato fin nei calzini. Tranne uno: Grasso, che ha sempre goduto di elogi e plausi unanimi, da destra e da sinistra, fino all’omaggio di tre leggi ad personam targate Pdl che eliminavano il suo unico concorrente (Caselli) per la Pna. Anche l’altro giorno, quando è asceso alla seconda carica dello Stato, ha ricevuto i complimenti di B. e financo di Dell’Utri. C’è chi, per molto meno, avrebbe una crisi di coscienza e si domanderebbe cos’ha fatto per meritarsi tutto questo. Invece lui non s’accontenta e pretende di spegnere anche le poche voci che ancora lo criticano (quando lo merita: chi scrive l’ha elogiato per aver respinto le manovre di Quirinale e Cassazione sulla trattativa a gentile richiesta di Mancino): è convinto chi vuole criticarlo debba farlo solo in sua presenza. Un concetto del contraddittorio davvero singolare, peraltro non nuovo: l’aveva già sostenuto il suo predecessore e presunto rivale, Schifani, dopo una mia intervista da Fazio. Naturalmente Santoro è lieto di organizzare il faccia a faccia con Grasso nella prossima puntata di Servizio Pubblico, o in un’edizione speciale anticipata, vista la curiosa fretta manifestata da Grasso (attende forse un altro incarico ad horas?). Le repliche, da che mondo è mondo, si pubblicano sulla stessa testata che ha ospitato le affermazioni a cui replicare. Avete mai visto una rettifica a un articolo del Corriere pubblicata su Repubblica , o viceversa? Ieri invece alcuni colleghi si sono molto agitati, ansiosi com’erano di ospitare il faccia a faccia. Li ringrazio di cuore, ma io lavoro al Fatto e a Servizio Pubblico. Peraltro un duello non è un talk show con ospiti, servizi filmati e pollai vari. È un confronto a due, come ha correttamente chiesto Grasso, con carte e documenti alla mano. Personalmente non chiedo di meglio e non vedo l’ora. Sono dieci anni che seguo passo passo la sua resistibile ascesa in toga e poi in politica, raccontando ciò che fa e soprattutto non fa sull’Unità, l’Espresso , MicroMega , il Fatto e in alcuni libri, a partire da Intoccabili (scritto a quattro mani con Saverio Lodato). Ogni tanto Grasso minacciava querele, che non sono mai arrivate. Altre volte replicava con rettifiche che non rettificavano nulla, regolarmente pubblicate con le dovute risposte. Più volte, fra il 2003 e il 2005, quand’era procuratore a Palermo, i colleghi da lui emarginati tentarono di informare il Csm del suo operato, ma l’allora presidente Ciampi e l’allora vicepresidente Rognoni preferirono evitare. Se dunque il presidente del Senato volesse, al duello potrebbero partecipare alcuni testimoni oculari, persone informate sui fatti, che hanno molte cose da raccontare e non hanno mai avuto modo di farlo. Nei duelli di un tempo, ciascun duellante si faceva assistere da uno o due padrini. In questo caso non si sa mai: meglio chiamarli testimon
La cinghia di trasmissione (byoblu Messora)
fonte byoblu di Paolo Becchi 17/03/2013 attualità
Cerchiamo di ragionare a mente lucida a href=”http://www.byoblu.com/post/2013/03/17/Quindici-uomini-sulla-cassa-del-morto.aspx”>su quello che è successo con l’elezione dei Presidenti di Camera e Senato.< Il primo dato di fatto è che i nomi dei candidati del centrosinistra che circolavano erano fino a venerdì Dario Franceschini alla Camera e Anna Finocchiaro al Senato. Ma questi sono stati sostituiti in sede di votazione da due nuovi nomi: href=”http://www.byoblu.com/post/2013/03/16/Sui-valori-dellantifascismo-i-Cinque-Stelle-tutti-in-piedi-ad-applaudire.aspx”>Laura Boldrini alla Camera<a e Pietro Grasso.< Due figure che, indipendentemente dal giudizio che possiamo darne, sono per la prima volta in Parlamento e fuori dal quadro politico istituzionale. Si sarebbe avuto questo risultato senza la forte presenza del Movimento 5 Stelle in Parlamento?
Certo, si tratta di volti nuovi della vecchia politica, ma intanto questo primo piccolo risultato d’innovazione è da attribuirsi comunque al Movimento 5 Stelle. Bersani ha piazzato due personalità della sua coalizione, ma due personalità non “politiche”, la prima per altro neppure appartenente al suo partito. Per raggiungere l’en plein ha sacrificato la sua identità politica. Se a ciò aggiungiamo la fine ingloriosa di Rigor Montis che ha dimostrato tutta la sua incapacità autocandidandosi a ruolo di Presidente del Senato per poi, deluso, far votare ai suoi scheda bianca, possiamo concludere che qualcosa è cambiato in Parlamento. Anche la scelta di Berlusconi di ripresentare Schifani è il segno dell’incapacità di comprendere quanto stia avvenendo nel nostro paese. E ora passiamo alle dolenti note.
Alla Camera il comportamento dei cittadini portavoce è stato del tutto coerente: dall’inizio alla fine il proprio candidato è stato votato all’unanimità. Il mal di pancia è cominciato al Senato e solo per via del ballottaggio finale tra Schifani e Grasso. Sappiamo di riunioni concitate e tutto ciò è un bene, Quello che è male è che alla fine sia mancata una decisione unitaria e compatta. Discutere va bene, ma poi ci si conta e alla fine la linea maggioritaria dev’essere accettata da tutti senza tentennamenti, anche se con qualche dubbio. Questo a quanto pare non è avvenuto al Senato. E invocare una presunta libertà di coscienza non risolve il problema che si è aperto.
È quindi del tutto opportuno che il capo politico del Movimento .abbia, con un comunicato, richiamato all’ordine i dissidenti Forse quel richiamo al proprio codice deontologico firmato da tutti i parlamentari del Movimento 5 Stelle doveva essere fatto anche prima. Se questo sia avvenuto non lo so, anche perché la riunione non era in streaming. Possiamo criticare – e giustamente – coloro che al Senato non hanno seguito le indicazioni della maggioranza, ma dobbiamo anche riconoscere che in momenti così decisivi è al capo politico del Movimento che spetta di indicare la via da seguire ricordando, se è il caso, i precedenti impegni assunti.
Onde evitare nel futuro errori ancora più gravi, occorre trovare una “cinghia di trasmissione” tra un capo che si trova al di fuori del parlamento e i cittadini portavoce. È stato un episodio certamente non irrilevante, di immaturità politica, ma, non dimentichiamolo, sono i primi passi di un bambino che procede ancora a tentoni. Aiutiamolo a crescere, .questa è la cosa principale