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MONTEZEMOLO L’ennesimo flop del “signor Ferrari” (il Monteprezzemolato non vuole fare il Ministro )

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Fatto Quotidiano del 16/02/2014 di Giorgio Meletti attualità
Nemmeno Matteo Renzi ce l’ha fatta. Nemmeno il governo Renzi Uno passerà alla storia per essere nato senza l’ipotesi di Luca di Montezemolo ministro. La scena si è ripetuta anche stavolta, sempre uguale a se stessa: per qualche giorno i tifosi della Ferrari rimangono con il fiato sospeso, con il timore di perdereil grande timoniere della rossa di Maranello; intanto in casa Montezemolo si ferma il respiro di tutti i congiunti, nel terrore di perdere quei 5-6 milioni di stipendio, che la famiglia Agnelli non ha mai negato al manager prediletto dall’Avvocato, e che re- stano il pilastro vero delle finanze familiari, a dispetto delle poliedriche avventure imprenditoriali del nostro. E’ DUNQUE anche stavolta Montezemolo ha fatto il colpo. Il nome entra nel totoministri,i bookmakers si scaldano, i titoli dei giornali si ingrossano. Sono i cosiddetti preliminari. Poi si ar- riva aldunque. Toccaal fedelis- simo Dario Nardella (Matteo Renzi in persona non ci ha mes- so la faccia) officiare la chiama- ta: “Vuole leiprendersi la rogna del ministero dello Sviluppo Economico, dove l’ex comuni- sta Flavio Zanonato ha inanel- lato figure barbine?”. Il manager cosmopolita che, a differenza di Nardella, ha già vissuto la scena un sacco di volte, ha la risposta pronta: “No grazie, i miei impegni manageriali non lo consentono. Sarò lieto di servire il Pae- se a una prossima occasione che immagino non tarderà a ripresentarsi”. Nel 2001 doveva fare il ministro dell’Industria nel Berlusconi Due, ma declinò. Diventò pre- sidente della Confindustria, posizione ideale perché accadesse l’imponderabile, che infatti accadde: qualche geniale stratega del centrosinistra cominciò a parlare di lui come candidato premier da opporre a Berlusconi. Il quale non lo voleva mollare. Nel maggio del 2008, tor- nato al potere dopo aver disar- cionato Prodi nel modo che sap- piamo, B. gli propose di fare nientemeno che l’Ambasciatore del Made in Italy nel mondo. Un ruolo dagli incerti confini che Montezemolo accettò con paro- le toccanti: “Ho sempre detto che chi ha ricevuto molto, e io sono tra questi, è giusto che con senso civico si impegni a dare un contributo al proprio Paese”. Non fece niente. Un mese dopo il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ammise che nessun incarico era stato dato al manager. Nel 2010 un sondaggio online tra 250 mila lettori dell’ Espresso fece scoprire al Paese che Montezemolo sarebbe stato il prossimo premier. Sulla base di quei risultati un po’dubbi, lui ha cominciato la sua galoppata parallela: manager e imprenditore da un lato, aspirante leader politico dall’altra. Sì perché la vera novità del Renzi Uno è l’arretra – mento clamoroso di Montezemolo, tornato al rango di comparsa del totoministri dopo un triennio ruggente sul podio dei papabili premier. Accusando qualche problema di risultati con la Formula Uno, Montezemolo deve scontare anche l’insuccesso del treno Italo e ha appena venduto la Poltrona Frau, una delle preziose griffe della sua holding Charme. C’è un ri- dimensionamento generale del- la sua immagine, che si riflette in modo quasi sinistro sullo sgretolamento di quella che doveva diventare la piattaforma della sua leadership politica, Italia Futura. Fondata come think ank presuntuosetto dal quale dovevano uscire le ricette giuste per la crisi italiana, è riuscita solo a definire la strada giusta per i destini personali dei vari cervelli in tempesta. Lo storico Andrea Romano e l’economista Irene Tinagli sono diventati onorevoli con Scelta Civica e si stanno battendo come leoni per un mini- stero o strapuntino sottosegretariale. Carlo Calenda, trombato alle elezioni, ha avuto come consolazione la poltrona da viceministro del Commercio Estero, e adesso che è caduto Enrico Letta cerca la conferma con Renzi, per continuare la sua opera di Ambasciatore del Made in Italy, ovviamente in tono minore. L’economista Nicola Rossi se n’è andato sbattendo la porta, in direzione dell’Istituto Bruno Leoni. In pratica oggi Italia Futura è fatta da un direttivo di quattro persone dal direttore Simone Perillo, proveniente dal mondo della Formula Uno e quindi adattissimo per agitare la bandiera a scacchi che segnerà la fine della corsa.