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Napolitano fermi quelle nomine (Marco Travaglio)

L’Espresso 22/06/2012 Di Marco Trvaglio Attualità
Per la Privacy e le Comunicazioni
sono state designate persone che non hanno i requisiti
dell’autonomia e della competenza.
Signora Vespa inclusa. Solo il
presidente della Repubblica può
ancora intervenireNon firmando
il decreto’
L’8 giugno, nel programma che conduce su Radio Rtl, Federico Vespa ha intervistato il padre Bruno Vespa sulla nomina della madre
Augusta Iannini in Vespa a membro dell’Autorità Garante della Privacy in quota Pdl. Domanda del pargolo al genitore: «Ora mia madre, quindi tua moglie, si occupa dei dati sensibili, quindi non c’entra con l’Autorità per le comunicazioni…». A sorpresa e con grave sprezzo del pericolo, il genitore ha risposto all’infante che la genitrice ha tutte le carte in regola per ricoprire l’alto incarico: «Ne ho le tasche piene, mia moglie è in magistratura dal 1977. Ho motivo di ritenere che il curriculum di tua madre ce l’abbiano in pochi, perché è di 10 pagine, giuridico ma paradossalmente anche informatico, visto che tua madre ha informatizzato il Casellario giudiziario e un sacco di altri servizi del ministero. Quindi non so se tutti abbiano i requisiti in regola per far questo».
Vespa marito e padre ha poi denunciato l’odiosa persecuzione politica subìta dalla gentil consorte, forse a causa della sua permanenza per 11 anni al ministero della Giustizia sotto i ministri Castelli, Mastella, Scotti, Alfano, Nitto Palma e Severino, mentre il dicastero medesimo sfornava la più alta produzione di leggi vergogna della storia repubblicana, e anche monarchica: «Tua madre ha sempre adorato la magistratura e vi sarebbe voluta tornare subito, ma ha fatto molte domande e probabilmente non l’avrebbero (il soggetto è il Csm, ndr.) mandata nemmeno a dirigere il Tribunale di Tivoli. A questo punto ha scelto di approfittare di questa opportunità e di andare a proporsi come membro dell’Autorità della privacy».
A SUA INSAPUTA, VESPAmarito confessa che la Vespa moglie ha scelto il Garante non per una particolare vocazione alla privacy, ma perché l’adorata magistratura non le garantiva una poltrona alla sua altezza. Così è «andata a proporsi» al Pdl, a riprova della sua notoria indi-
pendenza. Ed è stata nominata con l’avallo di Pd, Lega e Udc, a loro volta impegnatissimi a piazzare i loro raccomandati. Ora, il Codice della Privacy impone la nomina all’Autorità Garante di «persone che assicurano indipendenza e che sono esperti di riconosciuta competenza delle materie del diritto o dell’informatica, garantendo la presenza di entrambe le qualificazioni». Non è questo il caso né della Iannini, né tantomeno dell’onorevole dermatologo Antonello Soro (Pd), della docente di diritto costituzionale Licia Califano (area Pd) e dell’ex onorevole ed ex consigliera Rai Giovanna Bianchi Clerici, giornalista e laureata in lingue e civiltà orientali (Lega). Quindi le nomine sono illegittime in blocco. Idem per l’Agcom, dove i partiti di cui sopra han sistemato Antonio Martusciello, ex dirigente Fininvest ed ex sottosegretario berlusconiano (Pdl); Antonio Preto, ex capo di gabinetto di Tajani e coautore di Brunetta (Pdl); Maurizio Decina, docente universitario dalemiano, ex consigliere di società vigilate (Pd); Francesco Posteraro, funzionario parlamentare e amico di Casini (Udc). Nessuno assomma competenza e indipendenza: nomine illegittime anche queste.
NON RESTA CHE RINGRAZIARE la famiglia Vespa per aver riassunto come meglio non si poteva, in quel memorabile scampolo radiofonico, la grande abbuffata partitocratica. Ma c’è ancora una speranza: il presidente Giorgio Napolitano, a cui vari giuristi e associazioni della società civile si sono appellati perché non firmi il decreto di nomina inviato dal Parlamento. Anche perché la sua firma potrebbe essere presto coinvolta in una ridda di ricorsi al Tar dei 90 cittadini che avevano presentato i loro curriculum e se li son visti cestinare. Già il Capo dello Stato ha subìto l’onta di vedersi bocciare due leggi vergogna, lodo Alfano e legittimo impedimento, che lui giurava non palesemente incostituzionali e che invece la Consulta dichiarò tali. Nessuno sente il bisogno di un altro ceffone alla massima carica dello Stato.
Se ne parla su

AGCOM E PRIVACY, I PARTITI PRONTI A PRENDERSI TUTTE LE POLTRONEL’accordo Pd-Pdl-Udc-Lega: agli esterni niente


Fatto Quotidiano 5/06/2012 di Carlo Tecce Attualità
Quant’è ottimista la leggche istituisce l’Autor ità di controllo: “I n d i p e denza e autonomia so-
no gli elementi costitutivi che ne caratterizzano l’a t vità e le deliberazioni”. Vi rsparmiamo articoli e commi che celebrano la notoria imparzialità, la prestigiosa prfessionalità e via menando uno spirito mai incarnato. Perché le poltrone non sono spirituali. Quelle vengono fabbricate con oscuri accordi, alleanze improvvisepessimi calcoli. Anche per domani in Parlamento, no-
Augusta Iannini, da via Arenula, è pronta a t r a s l o c a re all’Autorità garante dei dati personali
nostante le campagne per la trasparenza e il merito, il vizio si ripete per le nomine dei commissari di Agcom (4, telecomunicazioni) e Privcy (4, dati personali). Un patto, due protagonisti: Denis Verdini, l’emissario del Cavaliere e Dario Franceschini, capogruppo Pd a Montecitorio. L’Agcom offrquattro posti per sette anni e una caterva di questioni aperte: antenne, televisioni, connessioni veloci. I berlusconiani, senza proteste, vgliono piazzare due commissari durante i due voti separati fra Camera e Senato: i deputati confermano Antonio Martusciello, il fondatoreForza Italia ed ex sottosegrtario di B. che subentrò a Giancarlo Innocenzi (tramava contro A n n o ze ro ); i senatori promuovono Antonio Preto, ex collaboratore di Tajani e Brunetta. E i democratici di Pier Luigi Bersani, anziché combattere l’arroganza del Pdl, un partito depresso che arraffa il massimo, insistono con la guerriglia interna. Il compromesso di Franceschini prevede un accordo con l’Udc per riciclare Rodolfo De Laurentiis all’Agcom, il consigliere d’amministrazione Rai – u omo di Casini in Abruzzo – che sta per terminare il suo mandato in viale Mazzini, un percorso saltellante fra il centrodestra e il centros i n i s t ra . Nessuno oserà, sino a prova contraria, negare la bandierina di Massimo D’Alema: insiste con Maurizio Decina per l’Agcom, il docente al Politecnico di Milano, ex consulente di Telecom (e componente del Cda). La corrente di Franceschini, un misto di cattolici e popolari, è disposta a cedere ben volentieri la seconda poltrona Agcom agli amici Udc purché Antonello Soro, il capogruppo a Montecitorio con il successore di Walter Veltroni segretario Pd, sia nominato presidente Privac y. E qui le strategie s’i n c ro c i ano, e fanno litigare il Partito Democratico. Oggi si riuniscono i parlamentari democratici, qualcuno vuole una discussione per scegliere il candidato fra i novanta curricula spediti ai presidenti di Camera e Senato; qualcuno propone primarie estemporanee. Non c’è forma di democrazia che tenga: se il Pd preferisce due commissari Agcom c’è spazio per un nome non politico, sempre che sia escluso il professor An-lamentari
tonio Sassano. Ieri il giornalista Giovanni Valentini, per esempio, ha ricevuto il sostegno di svariate associazioni di consumatori e di un gruppo trasversale di deputati. Fra questa ridda di papabili e di inciuci è facile perdere l’or ientamento. Eppure sornione sornione, il partito indicato per morto, fa il pieno di potere: il Pdl incassa senza contestazioni due commissari Agcom, discute con Mario Monti il presidente di matrice governativa, in corsa c’è il bocconiano Angelo Marcello Cardani e risolve un problemino. Il magistrato Augusta Iannini, capo dell’u fficio legislativo del ministero della Giustizia, e moglie di Bruno Vespa, chiede di lasciare l’incar ico che ottenne undici anni fa con Roberto Castelli. La Iannini è in forte polemica con il ministro Paola Severino, l’avvocato romano che conosce da un ventennio, ma non l’ha premiata con la direzione generale del dicastero. Il momento è perfetto. I berlusconiani le offronoanni (e 250 mila euro l’anno) all’Autorità per la Privacy. Non vi preoccupate, le spartizioni non si dimenticano dei leghisti. Il Carroccio doveva prendersi uno dei quattro pezzi di Agcom, ma le inchieste giudiziarie consigliano di accontentarsi di una poltroncina Privacy, rifugio ideale per Giovanna Bianchi Clerici (Cda Rai). Sbagliava di grosso chi sperava di aiutare l’Italia a risolvere i conflitti di interesse e i monopoli indistruttibili inviando un curriculum. I partiti rinascono ai tavoli del pot e re .
Gli accordi tra le parti sono stati condotti da Denis Ve rd i n i e Dario Fran