Lo storico Marco Revelli “Il silenzio del governo lascia senza parole” (Caso Fiat)

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Fatto Quotidiano del 30/01/2014 di Carlo Di Foggia attualità
Il silenzio della politica è assordante”. Marco Revelli, classe 1947, torinese, storico e sociologo, da sempre attento all’evoluzione di quella che fu la Fabbrica italiana automobili Torino, non è stupito dalla notizia che la nuova Fiat Chrysler Automobiles avrà sede in Olanda, pagherà le tasse a Londra e si quoterà a New York. Torino non è menzionata. Era ampiamente prevedibile, quello che è davvero preoccupante è che il governo non se ne preoccupa. Il suo silenzio lascia senza parole. Per il premier la sede è una questione secondaria, conta l’occupazione . La questione fiscale non è assolutamente irrilevante. Mentre si tartassano le famiglie, c’è un colosso indu- striale e finanziario che si sposta altrove. È un grosso cespite che se ne va, una gigantesca fuga di capitali. E poi sull’occupazione viene da ridere. Si riferisce alla cassa integrazione? Gli impianti produttivi italiani sono per tre quarti svuotati, Mirafiori lo è per otto decimi. Non hanno più un ruolo produttivo. Non serve a nulla che il sindaco Fassino si senta rassicurato dal fatto che esista ancora uno stabilimento torinese. É una finzione, perché sono inutilizzati. La Cig in quasi tutti gli stabilimenti è solo la conseguenza di una scelta fatta a monte. Quale? L’abbandono delle produzioni, e presto di quasi tutto quello che ancora resta a Torino. A questo punto il pro- blema è anche un altro. Il corpo dell’azienda, in Italia, è morente; il cervello va fuori; prima o poi anche il cuore lo seguirà. Sta già avvenendo. Che cosa è rimasto in Italia? La progettazione, il design, tutto quello che è legato al lavoro intellettuale. Tutto questo ha sempre avuto un ruo- lo molto importante a Torino. La tecnologia è già in parte migrata in America, inevitabile che anche il resto fi- nisca lì. La politica se n’è accorta tardi? Il passo compiuto ieri è quello defi- nitivo. Ma gli alibi, per gli ingenui, era- no già saltati molto tempo fa. Non c’e- ra bisogno di un atto formale per ca- pire che la Fiat non è più italiana. Non lo era già da un pezzo. Almeno dal pia- no industriale del 2010. Si riferisce a “Fabbrica Italia”? Quando Marchionne lo annunciò, chiese l’anima ai suoi operai. Oggi, do- po quasi quattro anni molta parte di quel piano è evaporata. Sergio Marchionne ha definito l’atto di nascita di Fiat Chrysler, il risultato più importante della sua carriera. Il clima di festa dei vertici dell’azienda è comprensibile. Come ha spiegato Marchionne, erano almeno cinque anni che perseguivano questo progetto. Stupisce che lo stesso clima sia con- diviso da una parte del mondo politico italiano. Si riferisce al Pd? Non solo. Ma certo il sostanziale silenzio dei democratici è emblematico. La sinistra non esiste più, nessuno di questi ha a cuore gli interessi degli operai. Che cosa avrebbe potuto fare il governo per incidere sulle scelte di un gruppo industriale privato? Quello che è stato fatto in tutti gli altri paesi. Dall’amministrazione Obama in America, alla Francia, alla Germania, tutti hanno sostenuto l’industria automobilistica. La Fiat era uno degli ultimi campioni industriali del Paese. E lo abbiamo lasciato andare via per mancanza di idee, di senso di responsabilità e di una cultura moderna.

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aderente al ms5 Biella al comitato dell'Acqua pubblica

Pubblicato il gennaio 31, 2014, in attualità, Uncategorized con tag , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 2 commenti.

  1. quando affermavo che non era stata la fiat a salvare chrysler ma il contrario, i miei amici ridevano e dicevano che stavo dando i numeri……..

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