Cda, la carica dei ventimila

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Da Il Fatto Quotidiano del 11/11/2013.Salvatore Cannavò attualità

Oltre ventimila persone possono rappresentare un piccolo esercito. Una schiera di personale amministrativo, spesso politico, non sempre competente in grado di frequentare con abilità e perizia i consigli di amministrazione di società, consorzi, aziende speciali, associazioni collocate all’interno della pubblica amministrazione. Per pubblica si intende lo Stato ma anche le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e tutte le varie aziende collegate a questi enti.

I dati sono forniti dal prospetto Consoc redatto da PerlaPa, il sistema integrato della Funzione pubblica che raccoglie tutti i dati inerenti le Pubbliche amministrazioni per metterli a disposizione del pubblico. Il numero completo dei componenti Consigli di amministrazione è di 20.133 a cui occorre aggiungere i componenti dei Collegi dei Revisori. Quelli che percepiscono un qualsiasi compenso sono circa la metà e ancora di meno, 4.788, sono quelli che ricevono un’indennità superiore ai 5.000 euro annui. Il costo complessivo dei Cda pubblici è stato stimato da un ricerca del sindacato Uil di cui ci siamo già occupati, in 2,654 miliardi annui. In questa cifra, spiega il sindacato, sono compresi “i compensi per gli amministratori, i gettoni di presenza, le spese per il funzionamento degli organi, spese di missione e di rappresentanza, etc.”. Se si aggiungono i compensi per le collaborazioni e le consulente esterne (vedi box sopra) 1,292 miliardi, si sfiora la cifra di 4 miliardi.

È SOLO un tassello del costo complessivo della “cosa pubblica” e, in particolare, non tiene conto della spesa del personale . Ma, da tempo, il pubblico impiego è diventato l’obiettivo privilegiato di qualsiasi manovra economica. Interventi che nel tempo hanno ridotto non solo il costo complessivo di quella voce nel bilancio pubblico ma, contestualmente, anche il numero dei lavoratori stessi.

Molto più lentamente, invece, si riduce il numero degli amministratori delle controllate pubbliche. A questa voce, sempre secondo i dati del ministero, sono registrate 7.771 strutture di cui 2.436 sono i Consorzi – aggregazione di strutture già esistenti, spesso gli stessi enti locali – e 5.335 le società.

Tra queste ci sono le grandi partecipate di Stato che occupano la parte alta della classifica sia in termini di compenso dei consiglieri che in termini di fatturato. La testa di lista della graduatoria è composta, così, da nomi ormai entrati nell’informazione quotidiana: Eni, Enel, Finmeccanica, Poste Italiane, Cassa Depositi e Prestiti. Dietro di loro, dal punto di vista dei compensi, ma sempre in zona più interessante, strutture come le Ferrovie di Stato, Invitalia, la Zecca dello Stato, l’Anas. E poi le grandi multiutilities, le aziende dei servizi pubblici come Hera, Iren, Acea, A2A o l’Atac di Roma. Strutture di grande impatto nel potere locale dimostrato dalle vicende economiche che le riguardano e dai compensi dei loro vertici. Il presidente della bolognese Iren beneficia di 495 mila euro annui, l’ad di Hera 489.149, l’ad di Acea 420 mila euro. Nessun paragone con i 6,3 milioni dell’ad di Eni, con i 4 milioni dell’ad di Enel o con l’1,8 milioni alle Poste. Ma in compenso le aziende periferiche hanno consigli di amministrazione e di controllo pletorici in virtù della varietà di soggetti che li formano. Il Sole 24 Ore ha calcolato che in Hera ci sono 56 consiglieri, alla Metropolitana acque Torino 43 e all’Iren 42.

Le nomine riguardano spesso persone competenti oppure obbligate – rappresentanti di enti locali o degli stessi ministeri – ma nell’esercito dei 20 mila si annida la pratica dello scambio di poltrona ottenuta per meriti politici o per relazioni solide. Si pensi alla Iren che oggi è presieduta da Francesco Profumo. Storico rettore del Politecnico di Torino è diventato noto dopo aver assunto l’incarico di ministro dell’Istruzione nel governo Monti. Dopo le elezioni è stato ricollocato dalle giunte di centrosinistra – in particolare Torino – che controllano l’Iren alla presidenza della multiutility.Alla presidenza della Cassa Depositi e Prestiti siede l’inossidabile Franco Bassanini, già socialista, parlamentare, multi-ministro (con Prodi, Amato, D’Alema), fondatore della fondazione Astrid in cui siedono un po’ tutti. Alla presidenza di Invitalia siede ancora quel Giancarlo Innocenzi che quando era all’Agcom veniva insultato al telefono da Silvio Berlusconi per la sua presunta inefficienza nella difesa di Mediaset. La Sogin, che è incaricata della bonifica dei siti nucleari, è da poco presieduta da Giuseppe Zollino, curriculum in ingegneria nucleare ma anche membro di “Italia decide” associazione politico-culturale di stampo bipartisan fondata da Carlo Azeglio Ciampi e Gianni Letta, da Luciano Violante e Giulio Tremonti.

GRAN PARTE di queste società sono necessarie e spesso utili. La loro amministrazione costituisce un lavoro rispettabile. L’Acquedotto pugliese, società con azionista unico la Regione Puglia, ha però istituito un amministratore unico retribuito con 120 mila euro lordi l’anno. Di amministratore unico si parla da tempo anche a proposito della Rai per sottrarla al predominio dei partiti. Ma se ne parla soltanto, la modifica della governance di viale Mazzini resta un miraggio lontano. Eppure le soluzioni, non necessariamente “urlate o palingenetiche”populiste”, ci sono. Basterebbe applicarsi con diligenz

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aderente al ms5 Biella al comitato dell'Acqua pubblica

Pubblicato il novembre 11, 2013, in attualità, Uncategorized con tag , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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